La religiosità di un popolo non si misura con la magnificenza delle sue cattedrali, spesso ostentazione di potere e ricchezza più che di fede, ma con l’amore con cui venivano costruiti gli edifici più umili, quelli dove la gente comune, i poveri, rendevano omaggio al proprio Dio.
La Sardegna non vanta edifici religiosi d’eccellenza ma, in compenso, ha una straordinaria ricchezza di piccole chiesette campestri, oratori mirabilmente inseriti nella natura circostante al punto da diventarne parte integrante e tramutarsi in umile e discreto omaggio alla creazione.
Come osservava Vico Mossa nel suo Architettura religiosa minore in Sardegna: “Quel dolce contrasto tra rude e gentile che si avverte in ciascuna dimora sarda si ritrova, con accenti più spiccati, in queste chiesuole, che sono gli ex-voto, singoli o collettivi della gente di Sardegna: quanto di meglio l’anima pura e ingenua dei maestri campagnoli, con pallidi riflessi culturali, ha saputo esprimere per la gloria del Signore”.
Fra i quaranta luoghi che in Sardegna sono dedicati a San Lussorio (martire sardo conosciuto anche in Toscana con il nome di San Rossore) il nostro esploratore Fabio Piccioni ne ha scelto uno affascinante: la chiesa rupestre in territorio di Romana, piccolo centro non distante da Alghero. Scavata in parte nella roccia e inserita in una campagna di straordinaria bellezza che contorna la valle del Temo, affonda le sue origini nell’alto medioevo.
Nel XVII secolo all’ingresso della cavità naturale che si apre su uno sperone roccioso è stato costruito un portico a cinque arcate, sormontato da un campanile a vela a doppia cella. “Anticamente — scrive l’Angius nel suo Dizionario geografico — concorreva gran moltitudine di divoti in peregrinazione a questa spelonca, dove è tradizione che il santo martire sia vissuto solitario, quando subito dopo la sua conversione dovette fuggire da Cagliari. In fondo dietro l’altare è un’altra caverna e credevi che ivi fosse solito dormire”.
L’interno è di una sobrietà perfettamente intonata al luogo, con una specie di minuscola cabina che funge da confessionale sulla parete sinistra, mentre sulla parete destra c’è una canaletta che raccoglie l’ acqua di stillicidio e lo avvia a una vaschetta scavata nella stessa parete, che funge da acquasantiera a cui i fedeli attribuiscono poteri taumaturgici. Sull’ altare quattro statue, di diverse dimensioni, che rappresentano i santi Cesello e Camerino, compagni di martirio di Lussorio, e lo stesso San Lussorio, una in abito militare romano, l’ altra in abito episcopale. In una teca in vetro si trova un’altra statua del santo rappresentato in abito da eremita. Superato il presbiterio si entra, attraverso una stretta porticina, nella parte finale della grotta, totalmente buia.
«Dopo un’estate passata ad esplorare cavità profonde — dice Fabio — sento il bisogno di riemergere in superficie ma, per non tradire del tutto la mia passione per le cavità naturali, ho scelto un luogo comunque costruito all’interno di una grotta».
Chi non conoscesse questo piccolo gioiello di “architettura minore” può raggiungerlo senza difficoltà ed immergersi in un ambiente affascinante dove si respira la sacralità di genti umili e semplici, ma non per questo mancati di devozione e di quel mistico e antico culto della natura che non ostenta ricchezza ma semplice rispetto del creato.
Enrico Pinna