La storia circola sui giornali di tutto il mondo e la fotografia si è guadagnato il titolo di foto della settimana. E’ il fotografo Atif Saeed a raccontare la sua avventura: durante un safari fotografico in Pakistan ha visto in lontananza un leone e, sprezzante del pericolo, è balzato fuori dalla jeep avvicinandosi all’animale che, non gradendo l’intrusione, lo avrebbe inseguito costringendolo a rifugiarsi in tutta fretta nella macchina.
L’etologo Danilo Mainardi, ammirato da cotanto coraggio, scrive sul Corriere con un corollario di citazioni storiche e letterarie : “Con sangue freddo – lui stesso oggi se ne stupisce – ha continuato a scattare foto fino all’ultimo istante, fino a quell’attimo che separa vita e morte, regalandoci così queste immagini straordinarie”. La Repubblica invece titola: “Pakistan, sfida al re della savana: il ruggito del leone a tre metri di distanza”.
Ma vediamole queste immagini straordinarie con le quali l’impavido fotografo — cito ancora il Corriere — “Ci ha messo di fronte il grande predatore, nel momento in cui spicca il balzo finale, con tutta la concentrazione e la tensione che l’atto predatorio richiede”.
Io vedo solo due foto, che risalgono al 2012 ( lo precisa La Repubblica e mi chiedo come mai il fotografo abbia tenuto per tre anni nascosto al mondo un documento così eccezionale) non raccontano niente di quello che dice il fotografo. Due ritratti uno distante e un’altro più ravvicinato che sembra piuttosto uno scatto lontano (forse proprio il precedente) molto ingrandito, ritagliato e poi manipolato generosamente con Photoshop. E se, come dice il fotografo aveva in mano un teleobiettivo da 500 mm. quel leone non poteva essere a tre metri da lui. Per esperienza personale da tre metri già una piccola anatra riempie il fotogramma. Figuriamoci un gigantesco felino!
Come per il reportage mi sembra che stia prendendo piede anche in altri generi fotografici quella pratica racchiusa nella parolina magica di “storytelling” dove la didascalia giustifica e descrive quello che la foto, spesso scattata in luoghi diversi e più comodi, oppure costruita, non riesce a raccontare.
Certo il leone è molto incazzato e la figura dell’uomo che lo sfida a mani nude, armato solo di una fotocamera, ha la suggestione romantica di un romanzo salgariano. Ma questo non basta a dare credibilità né alla foto, né al racconto e neppure alla professionalità del fotografo che, se bravo e competente, sa avvicinare gli animali ed ottenere le stesse immagini con sistemi meno pericolosi. Ma in questo caso non ne avrebbe parlato nessuno.
Enrico Pinna