“Presto o tardi — scrisse Susan Brownell Anthony, attivista americana per i diritti civili — noi tutti scopriamo che i momenti importanti nella vita non sono quelli annunciati, non i compleanni, le lauree, i matrimoni, non i grandi obiettivi raggiunti. Le vere pietre miliari sono meno pretenziose. Arrivano alla porta della memoria senza essere annunciate, cani randagi che entrano, annusano un po’ in giro e semplicemente non se ne vanno più. La nostra vita è misurata da questi momenti.”
Questi ricordi ordinati senza un ordine, apparentemente privi di qualunque fil rouge che li unisca sono il diario personale e intimo di Samuele Pellecchia, fotografo documentarista fondatore dell’agenzia Prospekt. Reporter nel senso più classico del termine, collabora stabilmente con il New York Times, l’International Herald Tribune e Russian Reporter. I suoi reportage e i suoi video sono stati pubblicati in tutto il mondo. Molti lo ricorderanno impegnato di recente a Cagliari nella realizzazione del progetto Eureka! e della mostra “This is Mirrionis” con le foto di Vanessa Winship e George Georgiou.
La sua mostra “Close to me, Part Three”, organizzata da S’Umbra Progetti Fotografici, curata da Emanuela Falqui è stata allestita al Lazzaretto di Cagliari e sarà visitabile sino al 7 dicembre. “Close to me” è un viaggio in divenire: nel 2011 è stato selezionato alla Nuit de l’Année del Festival Rencontres d’Arles, la seconda parte è stata presentata nel 2012 in occasione della manifestazione Carnem, per la mostra Body Worlds a Milano. “Close to me, Part Three” viene esposto per la prima volta al Lazzaretto di Cagliari. Ma non è una mostra di reportage. Anzi, Samuele sovverte completamente il linguaggio classico del racconto fotografico per presentarci un diario personale fuori dagli schemi consueti.
“Nella mostra — scrive Emanuela Falqui — appunti della memoria si mescolano a frammenti di reportage in giro per il mondo, diventati ormai fatti intimi, e fotografie comprate in un mercato si mescolano alle tracce sfumate di una realtà personale e alle rappresentazioni rituali di famiglia che tentano di dare un ritmo all’esistenza”.
«Nel mio lavoro di reporter — sottolinea l’autore — le regole sono ferree e la narrazione ubbidisce a modelli codificati. Questa ricerca scava invece nel mio mondo emozionale, nei miei ricordi, con una sintassi visiva diversa e personale. Qui la nitidezza sfuma, la pulizia dell’immagine lascia il posto a sporcature intenzionali, la realtà si mescola al sogno e il ricordo si fonde con le mie emozioni.»
Un diario fotografico, arricchito da un video struggente, che sovverte i canoni del racconto e le regole auree della fotografia, con immagini spesso sfocate, decontestualizzate, disordinate come i ricordi che, senza preavviso, affiorano nella nostra mente. Flash inattesi, fugaci ma subito interiorizzati dall’autore. La forza di queste immagini è l’energia dell’impreciso, del non esplicito che diventa prorompente e casuale groviglio di emozioni, racconto personale e, ciononostante, ricco di una grammatica narrativa ben comprensibile.
Sono frammenti di ricordi che fluttuano nell’aria a rammentarci che la vita è fatta anche di emozioni, amore, violenza, pulsioni, miraggi, sesso. Un libero fluire di sogni, di ricordi, di istanti di vita vissuti, condivisi o immaginati che affiorano in un ingorgo di sensazioni che la fotografia di Samuele Pellecchia riesce a trasmettere con grande e poetica semplicità.
Enrico Pinna