In questi giorni si parla tanto del sardo a scuola, dopo la richiesta (pare del 40% dei genitori) di averlo per i loro figli. Io esulto, anche se mi trovo in America e sto risposando le mie figlie nella scuola americana. Da ragazzino mi era vietata qualsiasi forma di ‘sardismo’ sia a scuola che da imberbe giornalista nei nostri quotidiani. Ma è tempo di rivincita.
Mi immagino già tra una decina d’anni, pensionato in terra sarda, che faccio ‘su zioddu’ per il Provveditorato agli studi, mentre leggo nelle scuole della Provincia di Cagliari, brani, poesie, storie in campidanese tra i sorrisini e le battute degli alunni!
Parto dall’esempio hawaiano, che mi ha accompagnato e visto protagonista in un recente lustro.
Ho infatti insegnato per lo State of Hawaii Department of Education, come supplente, nella scuola pubblica americana, tutte le materie ammissibili, dalle elementari all’ultimo anno del Liceo, dal 2003 al 2007 nell’isola di Maui. De s’attra parti ‘e su mundu!
L’ho potuto fare grazie alla mio diploma Isef, considerato un bachelor of Science, poi surrogato da corsi integrativi in inglese.
Le Hawaii (come la Sardegna in l’Italia) è l’unico Stato in America che ha anche una lingua propria, riconosciuta e insegnata a scuola.
Quando squillava il mio cell. e sul display appariva Dep. of Education, per informarmi sui ‘job available’ (lavori disponibili) io speravo sempre di beccare la ‘submerge Hawaiian class’ delle elementari di Paia o del distretto superiore di Wailuku.
Cosa erano? Una sezione elementare e una delle medie, che per tutto il corso di 5 e 3 anni insegnavano e parlavano solo in hawaiano col supporto di una seconda lettrice madrelingua. Come facevo? Semplice, l’insegnante titolare, che in quel giorno era ovviamente assente, mi lasciava un ‘piano di lezione’ (lesson plan) che io portavo avanti assistito dalla ‘kumu’ ( la ziodda locale) che mi assisteva, traducendo in hawaiano le parole inglesi e conducendo in pratica la lezione.
Io dettavo solo i tempi e tenevo la classe tranquilla. E sopratutto ascoltavo. Così imparavo anch’io. Cose semplici: buongiorno e buonasera, i giorni della settimana e dei mesi, le condizioni del tempo, i nomi degli animali, gli oggetti in agricoltura, etc. etc.
Troppu togu! Al termine della giornata m’intendemmu tottu hawaiianu.
Ma non c’erano solo le due sezioni delle ‘submerge hawaiana class’ per imparare la lingua. Se ero fortunato mi trovavo un’ora inserita nella classe del Liceo, delle Medie o delle elementari dove facevo il supplente quella giornata.
La lingua madre infatti inserita in due ore settimanali in tutte le classi dei 18 distretti scolastici di Maui, sia all’asilo,che alle elementari, le medie e il Liceo. K to 12, ovvero dal kindergarten (asilo 5 anni) al 12 grade (ultimo anno di Liceo). E l’ora scolastica più attesa, anche dai ragazzotti ciccioni che ripetono orgogliosi e a voce alta ciò che indica la kumu. E al Liceo non si ripetono solo le parole, ma si formulavano frasi sulla storia delle isole e dei loro re. Come se da noi, quando c’è l’ora di sardo a scuola si parla (in lingua locale) e si disegna la mappa dei popoli nuragici o si fa la storia di Eleonora d’Arborea o di Maria Lai.
E due ci faemmu unu figuroni, perché l’hawaiano, come timbro, è molto simile al sardo. Le vocali si pronunciano alla stessa maniera, pieno di ‘u’, e quando facevo l’appello o ripetevo le frasi, ci riuscivo meglio dei loro insegnanti regolari di madrelingua inglese. E i ragazzi si infogavano e mi zaccavano un ‘high five’.
Ajò, non vedo l’ora di vedere il sardo insegnato a scuola come avviene alle Hawaii per l’hawaiano. E magari essere ammesso a tempo perso come ‘kumu’. Torra a carrigai sa pippa !
Pietro Porcella