Accoglienza internazionale dei bambini: un errore confonderla con l’adozione

Dopo anni di incontri, interviste e analisi per cercare di adottare un bambino il Tribunale (di cui preghiamo di omettere la città) ci ha negato l’idoneità. Eppure siamo una coppia stabile da oltre quindici anni che purtroppo non è riuscita a generare un figlio. Abbiamo talmente desiderio di occuparci di un bimbo che la prossima estate ospiteremo un bambino bielorusso in accoglienza internazionale. Pensiamo che questo possa essere un primo passo per poi adottarlo, ma abbiamo mille dubbi su come comportarci. Ci può dare un consiglio?

(Lettere firmata)

Mi pare che in voi alberghino alcune confusioni che è bene, in prima battuta, fugare: adottare un bambino e fare l’accoglienza internazionale sono due azioni assai distinte sul piano psicologico. In Italia la nostra legislazione prevede, non a caso, l’adozione e l’affido che sono a loro volta esperienze diverse tra loro sul piano psicologico.

I giudici minorili fanno molta attenzione e sono così attenti prima di dare un’idoneità all’adozione. Cercano infatti “genitori molto speciali” che andranno associati a” bambini molto particolari”. Bambini che normalmente provengono da situazioni traumatiche, spesso segnate da abbandoni, violenze, stupri. Sono insomma bambini feriti per sempre, e quando dico “per sempre” non è un’iperbole ma una cruda realtà.

I bambini che hanno perso i genitori naturali o dai quali sono stati allontanati sono portatori di ferite che potranno essere lavate, disinfettata, curate. Che probabilmente diventeranno cicatrici. Ma il segno resterà sempre e i problemi potrebbero ripresentarsi. Per questo, servono genitori speciali.

Se il Tribunale vi ha negato l’idoneità probabilmente avrà avuto buone ragioni e non sarà un’accoglienza internazionale a sostituire un’adozione o a farvi fare passi avanti verso questa. Vi consiglio vivamente di cominciare un percorso di terapia di coppia che sicuramente vi aiuterà.

Per quanto concerne l’accoglienza internazionale, prendetela per quello che è: un momento molto alto di solidarietà umana e di apertura emotiva verso un minore che sta facendo un viaggio paragonabile a quello che noi adulti potremmo fare su Marte: è un’esperienza molto forte per bambini che hanno appena otto-dieci anni e per gli adulti accoglienti.

Sono definiti adulti accoglienti (non genitori!) perché appunto devono essere capaci di accogliere le paure e trasformarle in una relazione positiva. Non è facile, vi avviso. Nè è un’esperienza dallo scontato esito positivo. Se avete dubbi leggete (anch’io ho scritto un saggio sull’argomento), informatevi, fatevi aiutare dall’associazione a cui sicuramente vi siete appoggiati. Comunque sia non interpretate questa prossima esperienza come il preludio di un’adozione. Semplicemente non lo è: se volete adottare un bambino riprovate con il tribunale dopo una buona psicoterapia di coppia.

Antonello Soriga

Chi ha un caso da segnalare o un parere  da chiedere scriva a psychiatrichelp@sardiniapost.it. Saranno ovviamente garantiti totale riservatezza e anonimato.

(Antonello Soriga, psicologo e psicoterapeuta ad indirizzo sistemico relazionale, svolge attività clinica in regime di libera professione a Cagliari. E’ stato professore a contratto presso la facoltà di Scienze della Formazione di Cagliari e più volte membro della Commissione esami di Stato alla professione di Psicologo. Dal 2009 è Giudice Onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Cagliari. Presiede il Centro di psicologia sistemica di Cagliari ed è responsabile scientifico dell’Associazione Sardegna Bielorussia. Tra le sue opere “L’altalena di Chernobyl”, Armando Editore, e alcune pubblicazioni accademiche).

 

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