La favola del Cagliari campione d’Italia è rimasta impressa nell’immaginario collettivo e da allora la formazione sarda è sempre stata considerata una “squadra simpatia” per gli appassionati di calcio (ma non solo). Stando alla rilevazione delle società demoscopiche StageUp e Ipsos, il Cagliari si piazza all’ottavo posto in Italia per il numero di tifosi, davanti a società blasonate come Torino, Bologna, Sampdoria e Genoa. Ma il sorprendente avvio di stagione ha acceso nuovi riflettori sulla squadra rossoblù che potrebbe aumentare ancora il circuito dei tifosi, nell’Isola e nella Penisola, ma anche fuori dai confini nazionali, visti i tempi del calcio globalizzato. Di sicuro sono più di mezzo milione i sostenitori di Nainggolan e compagni portano avanti una tradizione iniziata un secolo fa, ma che si è strutturata soprattutto da cinquant’anni a questa parte.
Risale al 1967 la nascita del primo Cagliari club, creato da Mario “Marius” Sardara nel suo ‘Bar Centrale’ di piazza Yenne, a pochi passi dalla statua di Carlo Felice che dai festeggiamenti del ‘70 viene rivestita coi colori rossoblù in occasione dei caroselli sportivi. Da quel punto di ritrovo nacque poi la rete del Centro coordinamento del tifo organizzato che è arrivata a sessantacinque Cagliari club con quasi tremila tesserati. A fine 2019 erano ventitré quelli presenti in Sardegna; trentatré invece i gruppi di appassionati distribuiti lungo la Penisola e nove (ma stanno aumentando) quelli all’estero, con Miami, New York, Barcellona, Parigi, Londra, Ginevra, Riga, Budapest e Malta. Ma la rete internazionale sta facendo un grande salto di qualità grazie alla collaborazione coi circoli degli emigrati e la Regione: sono quarantuno le località extraeuropee dove i sardi che vivono all’estero stanno dando vita a un Cagliari club.
Sull’onda dello scudetto, il tifo organizzato al Sant’Elia cominciò a diventare una componente fondamentale delle partite. Dapprima l’incitamento caratteristico era il “For-za Ca-gliari”, diventato col tempo un coro classico. Poi nella seconda metà degli anni Settanta anche nell’Isola arrivò il fenomeno degli Ultras e nacquero i primi gruppi: Brigate rossoblù, Fossa ultrà, Sardinia ultras e Commandos ultrà, con questi ultimi due che diedero vita ai Cuys (Commando ultrà young supporter). Nel 1985, quando la società stava per fallire e Gigi Riva aveva preso le redini dopo la crisi della presidenza di Fausto Moi, arrivarono gli Uccn (Ultrà Cagliari Curva nord) e cominciò una nuova era per il tifo nella zona ‘più calda’ del Sant’Elia. Negli anni del travaglio, con la squadra a un passo dalla C ma capace di raggiungere la semifinale di Coppa Italia, tanti giovani cominciarono a ritrovarsi nei gradoni della Nord, complice anche l’arrivo di Maradona al Sant’Elia: nel 1987 nacquero gli Sconvolts, seguìti nei due anni successivi da Eagles e Furiosi, che accompagnarono la storica scalata dalla C1 alla semifinale di Coppa Uefa.
Nel frattempo con Italia ‘90 lo stadio ospitò i tifosi inglesi, quegli hooligans considerati allora violenti ma anche maestri indiscussi di tifo, tanto che le tre partite dei britannici a Cagliari lasciarono ai supporter sardi un ricca eredità di cori. Tanti altri striscioni hanno colorato di rossoblù la Nord del Cagliari, come Brigata Sant’Elia, Panthers, Bunker Skin, Miserabili, Crazy Boys, Vecchio settore, Welt Schmerz e Vecchie facce. Di tutte queste anime ultrà che hanno scaldato il clima durante le partite sono rimasti solo gli Sconvolts che, con vari ricambi generazionali, dal 6 febbraio dell’87 continuano a sostenere la squadra. Il tifo da curva è diverso da quello degli altri settori dello stadio, ma da cinquant’anni non c’è partita in cui al Sant’Elia o all’Arena non prenda fiato l’inconfondibile ritmo di “For-za Ca-gliari”.
Marcello Zasso
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