Sciola: “Ho progetti ambiziosi, ma c’è bisogno di un antidoto contro l’invidia”

Le sue pietre stanno facendo il giro del mondo, da Padova a Shangai, via San Sperate. Lui, però, non si sposta di un millimetro. La sua patria è la Sardegna. Che in questo momento, però, gli fa male, come una spina. “In due giorni, due sardi che si sono ammazzati perché manca il lavoro. Ma che diavolo di paese stiamo diventando?”. “Ha la voce appuntita Pinuccio Sciola, mentre le mani nervose sembrano voler mettere in fila chilometri di pensieri. “C’è qualcosa che si è rotto: chi ha il lavoro non lo ama, chi non ce l’ha, come sempre più spesso capita ai giovani, cerca la fuga. La nostra infanzia non era così drammatica o, forse, come diceva un mio amico poeta “noi non sapevamo di essere così poveri”. Oggi il problema è “Cosa mi metto stamattina?” oppure come pagare la ricarica del cellulare. La terra, all’improvviso, è diventata troppo bassa, non vedo più nessuno che abbia voglia d’inchinarsi a toccarla”.

E’ vero, i giovani non si inchinano: emigrano. Fuggono da un destino che gli è stato rubato. “Anch’io da studente sono scappato, e ho viaggiato. Ho dormito per terra e nelle panchine delle stazioni, ma la mattina ero il primo a fare il biglietto del museo, non in coda per i saldi da Prada. C’è una ricchezza facile che ci ha polverizzato il cervello, forse questa crisi costringerà nuovamente a rimettere in moto i meccanismi fondamentali: amore, solidarietà, coraggio, umiltà, fatica. Senza questi ingredienti non si va da nessuna parte. Abbiamo tutti vissuto al di sopra delle nostre possibilità, adesso non si possono più comprare scarpe nuove ad ogni inizio di stagione, o uscire dai supermercati coi carrelli pieni di un bel niente. C’è uno spreco che è diventato la nostra condanna. E purtroppo non abbiamo ancora toccato il fondo”.

Partire, viaggiare, imparare, magari è una soluzione… “Viaggiare è importante, ma non è la risposta ai nostri problemi. Io sono in piedi e vedo ogni giorno la luce del sole. Sono questi gli insegnamenti fondamentali che ho appreso all’università della natura. Ai convegni si riempiono la bocca con la parola ambiente e tutela, ma dietro ogni tutela c’è sempre una speculazione. Non abbiamo più la consapevolezza di quanto vale la nostra terra, la nostra vita. E di quanto siano sacre le nostre pietre”.

Gillo Dorfles ha scritto “le pietre di Pinuccio Sciola hanno il potere di suscitare l’equivalente di un evento sacro”: lei ci parla davvero con le pietre? “E’ a loro che affido i miei messaggi, per questo prima di sfiorarle congiungo le mani e prego. Prego perché l’uomo, la mia gente, torni alla terra, alla produzione della terra. Basta con l’assistenzialismo, basta coi contributi e le pensioni. Ci hanno rovinato. Una terra ricca, meravigliosa come la nostra isola, che non riesce a sfamare un milione e mezzo di individui. Ma come è possibile? In Veneto, in Emilia, nelle Puglie non trovi un metro quadro che non sia coltivato. Qui è l’opposto: non c’è più un giovane che faccia il contadino. Ci muoviamo tutti insieme, come un gregge, e poi ci lamentiamo tutti insieme. Se qualcuno cerca di emergere da solo, lo fanno a pezzi. L’ultima volta che ho incontrato il prof. Gessa gli ho chiesto di studiare un antitodoto contro l’invidia. Per noi sardi sarebbe un gran bel risultato”.

Insomma, la Sardegna una terra pesante, difficile, che può anche essere d’intralcio? “Amo la mia terra come una madre, amo le pietre che mi chiamano ogni giorno, non potrei mai vivere lontano, ma ho ricevuto molti schiaffi: mi hanno buttato fuori dall’Accademia perché non avevo i titoli, mi hanno scartato dalle commissioni perché non avevo le tessere. Sono andato avanti da solo, con ostinazione, e continuerò a farlo, con o senza i politici di turno. Ho progetti ambiziosi, voglio raccontarla questa mia terra al mondo. Ho proposto di invitare gli scultori più famosi per realizzare tutti insieme un’opera lunga 240 chilometri, da Cagliari a Porto Torres, una sorta di 131 dell’arte, che ci facesse conoscere in ogni angolo del pianeta. Mi hanno riso in faccia, ma non demordo”.

Anche Sciola qualche volta si sente sconfitto? “Amareggiato sì, ma non sconfitto. La solidarietà, l’amore e l’amicizia mi hanno sempre aiutato. E’ questo che voglio raccontare ai nostri ragazzi, c’è urgenza di tornare a guardarsi negli occhi, stringersi la mano, sapersi confidare. Abbassiamo il volume dei televisori, alla sera superano di troppo la nostra voce”.

Donatella Percivale

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