Orune, 3 sospettati e la pista verso Nule. Tutto tace sul 28enne scomparso

Dal Nuorese al Goceano: verso Nule. È questa una delle piste che battono gli inquirenti che indagano in queste ore sul delitto del 19enne di Orune, Gianluca Monni, ucciso venerdì mattina alla fermata dell’autobus. Tre fucilate alle 7,30, in pieno centro in una mattina come tante altre in cui era diretto a scuola. Ci sono tre sospettati, probabilmente di altri paesi, coetanei di Gianluca o poco più, al momento nessun provvedimento nei loro confronti. E proprio da Nule è scomparso giovedì scorso un ragazzo di 28 anni, Stefano Masala: di lui non si hanno più notizie da quando si è allontanato con l’Opel Corsa grigia del padre. L’auto è poi stata ritrovata bruciata, in campagna e si teme. Gianluca e Stefano si conoscevano, avevano amici in comune. Su quest’asse si indaga appunto e su altri episodi in cui si sarebbero fronteggiati gruppi di paesi diversi, in un caso il 19enne avrebbe difeso la fidanzata, come sostenuto da alcuni testimoni giovanissimi.

Il funerale, il momento del dolore e della rabbia. Una folla composta, ammutolita ha attraversato la navata di Santa Maria della Neve a Orune per dare l’ultimo saluto a Gianluca. Un omicidio barbaro, che ha spezzato la vita di un giovane e lasciato sgomento un intero paese.

Ed è proprio ai ragazzi che si rivolge nella sua omelia il vescovo di Nuoro Mosè Marcia, le sue parole risuonano alte tra le navate della cattedrale: “È con voi giovani che voglio parlare principalmente, perché chi ha ucciso Gianluca non è un anziano, è un giovane. Non lasciatevi rubare la speranza, combattete contro l’odio con l’amore, contro l’offesa con il perdono, contro la discordia con l’unione. Siate uno strumento di pace nelle mani di Dio perché è l’unico modo di salvare la comunità”. L’alto prelato ha dato anche la sveglia alla comunità di Orune un paese segnato dal sangue da decenni: “Orune svegliati – ha intimato il vescovo – c’è un mare di sangue qui che ha segnato intere generazioni. Non permettere che si continui così. Chi ha ucciso Gianluca ha stroncato la vita, il sogno della sua giovinezza, ha reciso una pianta promettente, ma ha stroncato la speranza della famiglia e della comunità”. Una cerimonia straziante per i genitori del giovane ucciso, Rita e Salvatore, che entrano in chiesa tendendo la mano sulla bara, ad accarezzare per l’ultima volta quel figlio che stanno perdendo per sempre. Dietro di loro Eleonora e Pasquale, la fidanzata e il fratello di Gianluca, distrutti dal dolore. Un delitto inaccettabile per i compagni di scuola, per gli amici e per gli studenti di tutta la provincia. Studenti che dopo il dolore e lo choc di ieri, hanno reagito con una folla oceanica stamattina davanti all’istituto professionale Alessandro Volta di Nuoro, dove il giovane frequentava l’ultimo anno di studi, per dire no alla violenza e rendere omaggio al compagno ucciso. “Un evento tragico ci ha catapultato in un momento che mai avremmo immaginato di conoscere – dice al microfono una compagna di scuola tra i singhiozzi – Non riusciamo a concepire la morte a 19 anni, oggi piangiamo perché il sorriso radioso di Gianluca non lo rivedremo mai più”. Toccante l’intervento alla folla di una professoressa, compaesana della vittima. “È facile per noi oggi parlare del sorriso radioso di Gianluca, della sua innata allegria, della simpatia reciproca che ci legava, forse perché eravamo figli del nostro paese – scandisce con voce strozzata dall’emozione – Orune. Ma perché? Orune non ho più parole per difenderti. Tante, troppe violenze hai visto e vedi consumarsi nelle tue viscere” Infine il saluto straziante della docente all’alunno: “Con Gianluca parlavamo in sardo, nella lingua del cuore. E allora, in nome delle mamme di Orune, delle mamme della Barbagia, delle mamme di tutto il mondo, di dico “bae in bonora, coro ‘e izzu! (vai in buon’ora, figlio del cuore, ndr)”.

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