Cristiano De André: “La coerenza è l’insegnamento più grande che ho avuto da mio padre”

Sono passati quindici anni dalla scomparsa di Fabrizio De André eppure la sua presenza è ancora molto forte tra chi lo ha conosciuto. Una lezione attuale e viva soprattutto per il figlio Cristiano che lo ha accompagnato negli ultimi concerti dal vivo e ancora oggi sui palchi e i teatri di tutta Italia suona le canzoni di Fabrizio.

Ieri sera al Parco della Musica di Roma, dove è stato presentato in anteprima nazionale il documentario “Faber in Sardegna” firmato dal regista Gianfranco Cabiddu, accanto alla moglie Dori Ghezzi, al ministro della Cultura Dario Franceschini e ad alcuni amici di De Andrè come Paolo Fresu in prima fila c’era anche Cristiano. Gli abbiamo chiesto qual è, a distanza di anni dalla sua scomparsa, l’insegnamento più grande che ha avuto dal padre: “La coerenza, senza dubbio. La coerenza di fare una scelta ben precisa, di schierarsi dalla parte dei più deboli, contro la guerra e contro la stupidità umana. Il suo intento era dare voce alla bellezza, la giustizia, l’onestà. Sono cresciuto con questi principi che mi hanno trasmesso i miei genitori e anche mio nonno, che era un industriale e faceva quindi una vita diversa dalla nostra ma era una persona di onore che svolgeva il suo lavoro con grande passione e delicatezza. Mi manca il loro abbraccio, il loro conforto. Fare scelte di questo tipo, perseguire l’onesta e la giustizia richiede grande forza dato che nel nostro paese negli ultimi anni è andata di moda la legge del più furbo, di chi imbroglia il prossimo pur di arrivare primo. Il ricordo che ho di lui? Meticoloso e preciso, eccessivamente critico con se stesso: quando scriveva arrivava a cestinare frasi, concetti, canzoni intere fino a ricominciare daccapo finché non trovava qualcosa che gli sembrava accettabile. Non l’ho mai sentito dire che quello che faceva era bello, chiedeva in continuazione alle persone che gli volevano bene commenti e opinioni su ciò che scriveva. Questo enorme senso di umiltà e autocritica lo ha portato poi a diventare uno dei poeti più grandi del Novecento”.

Francesca Mulas

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