“Faber in Sardegna”: anteprima a Roma. Tutta la Gallura del cantautore-fattore

“Stava lì alla finestra e guardava in alto, poi si è rivolto verso di me e mi ha chiesto: “Filippo, tu cosa pensi delle nuvole?”. Il ricordo di Fabrizio De André affacciato al balcone della sua casa gallurese mentre si interroga sul cielo è uno dei momenti più belli di “Faber in Sardegna”, il documentario di Gianfranco Cabiddu andato in scena ieri sera all’Auditorium del Parco della Musica di Roma in anteprima nazionale. A raccontare l’episodio è Filippo Mariotti, il fattore dell’Agnata, stazzo a pochi chilometri da Tempio dove De André visse gran parte della sua vita insieme alla compagna Dori Ghezzi. Il film di Cabiddu è un omaggio non solo al Faber cantante e poeta ma soprattutto all’uomo Fabrizio De André che scelse di vivere in questo angolo di Sardegna per stare lontano dalla mondanità: un luogo incontaminato e immerso nel verde dove ha scritto musiche e poesie fino alla morte che è arrivata quasi improvvisa nel gennaio del 1999.

È il De André che conversa con gli amici pastori e contadini, che sta sveglio fino a tardi per accudire gli animali o studia sui libri la potatura degli ulivi e l’allevamento del bestiame, che partecipa alle processioni campestri o agli spuntini delle feste. L’artista è raccontato per la prima volta nella sua dimensione più intima e quotidiana, e per farlo Gianfranco Cabiddu ha scomodato Dori Ghezzi, il figlio Cristiano, gli amici Renzo Piano, Paolo Casu, Salvatore Vico e tanti altri che lo hanno conosciuto: nel film compaiono video inediti degli anni Settanta e Ottanta, fotografie in bianco e nero, racconti e testimonianze di chi ha lavorato con lui per ridare vita allo stazzo di cui si era follemente innamorato tanto da trasferirsi nella casa anche quando mancavano luce e telefono. Un amore per la Gallura che è l’amore per la Sardegna intera, la sua lingua e le sue storie: conosceva il gallurese meglio dei galluresi stessi, raccontano gli amici, ne studiava le parole sul vecchio vocabolario scritto da un prete, si era immerso nei suoni e nelle musiche dell’isola come se fossero sempre stati suoi. “Raccontare Fabrizio De André per me è stato come raccontare un pezzo di Sardegna – ci confessa Cabiddu pochi minuti prima della proiezione in un Auditorium affollatissimo – i posti e le persone che frequentava intorno alla sua casa dell’Agnata. Ha scelto di venire a vivere in questo posto, creare dal nulla un’azienda, lavorare la terra e accudire gli animali, approfondendo e facendo sua la cultura sarda, i suoni e le musiche dell’isola. In un certo senso si può dire che era più sardo di tanti sardi nati qui”.

Accanto alle immagini di repertorio e alle registrazioni di studio c’è il racconto di sei edizioni di Time in Jazz, il festival musicale ideato da Paolo Fresu e accolto per tanti anni proprio all’Agnata: qui hanno suonato Ornella Vanoni, GianMaria Testa, Danilo Rea, Maria Mia De Vito, Rita Marcotulli e lo stesso Cristiano per rendere omaggio alla grande produzione artistica di Faber, dalle canzoni d’amore alle storie degli umili e dei reietti della società, da quelle più impegnate ai racconti più strettamente autobiografici. Anche i momenti bui, come i quattro mesi nelle mani dei rapitori nel 1979, non hanno scalfito l’amore che De André provava per questa terra, tanto che Dori Ghezzi a quindici anni dalla sua scomparsa ha scelto di non abbandonare l’Agnata e di portare avanti il sogno isolano di Fabrizio. Il film si chiude con un’immagine bellissima nella sua quotidianità: De André di spalle che cammina lentamente per le strade di campagna, l’immancabile sigaretta tra le dita. Il documentario di Cabiddu è stato prodotto da Clipper Media in collaborazione con Rai Cinema e realizzato con il sostegno della Film Commission Sardegna. Arriverà nelle sale cinematografiche di tutta Italia il prossimo gennaio.

(Nella foto di Laura Farneti per Film Commission Sardegna, Paolo Fresu, Dori Ghezzi, Gianfranco Cabiddu e Cristiano De André ieri al Parco della Musica di Roma)

Francesca Mulas

 

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