“Prendiamo atto del risultato non soddisfacente del referendum al quale abbiamo creduto, sapendo che era una battaglia impari e che aveva più di un nemico: il tempo e l’astensione. Ma i Consigli regionali protagonisti hanno costretto il Governo a ritornare indietro su cinque dei sei quesiti proposti”. Gianfranco Ganau, presidente dell’Assemblea sarda, indiscusso leader del fronte del Sì, commenta così il mancato quorum che ha invalidato la consultazione popolare sulle trivelle.
Ma se gli effetti normativi non scatteranno, Ganau guarda ai numeri delle urne. “A differenza di quello che accade di solito – prosegue – il voto in Sardegna risulta superiore alla media nazionale. Il 92,40 per cento dei sardi ha votato per il Sì, a conferma che la materia non è loro certamente indifferente. Si sono espressi a favore 410 mila sardi, ossia il 53 per cento degli elettori alle ultime Regionali. Non tenere conto del loro parere sarebbe da irresponsabili”. Quindi la promessa che vale un punto tenuto sulla lotta alle trivelle. “Mi sento impegnato in prima persona – chiarisce il presidente del Consiglio – a proseguire su una battaglia che garantisca un futuro senza petrolio, il più rapidamente possibile”.
Il capo dell’Assemblea sarda torna poi sul merito del referendum, quel comma 239 che il governo di Matteo Renzi ha inserito a dicembre 2015 nella Legge di stabilità, all’articolo 1, introducendo “le concessioni all’infinito entro le 12 miglia: un caso unico“, sottolinea Ganau, sebbene i Consigli delle nove Regioni che hanno promosso il referendum “abbiano ottenuto il divieto di ogni forma di intervento nella stessa fascia”.
Ganau l’aveva detto anche nell’intervista rilasciata nei giorni scorsi a Sardinia Post (leggi qui). L’obiettivo del quorum è sempre stato considerato non facile, specie in raffronto a quel 56 per cento di elettori che era andato a votare alle Politiche del 2013. Ma “abbiamo portato avanti – prosegue il presidente – una lotta strategica senza alcuna demagogia, sostenuta da dati certi. Sapevamo che sarebbe stato difficile e ci siamo scontrati con la volontà precisa di non voler affrontare il tema, tanto da creare le condizioni perché meno elettori possibili fossero informati e potessero fare una scelta motivata”.
Ecco il messaggio a Renzi. “Sono d’accordo con il presidente del Consiglio dei Ministri – scrive ancora Ganau -: bisogna sedersi attorno ad un tavolo per ragionare insieme sullo sviluppo energetico del Paese. Ma è necessario chiarire alcuni aspetti: è stata la più breve campagna elettorale della storia della Repubblica, con la data il 15 febbraio per votare il 17 aprile. La consultazione referendaria poteva essere accorpata alle Amministrative con una semplice legge. È stata dunque una scelta del Governo quella di non risparmiare oltre 300 milioni di euro”. Di più: “L’invito all’astensionismo da parte del premier favorisce un allontanamento della partecipazione che è la vera emergenza nel nostro Paese. Pensare che i Consigli regionali abbiano voluto proporre il referendum per mettere in difficoltà il Governo, significa non tenere conto che la maggioranza delle Assemblee legislative, promotrici del referendum, è a guida centrosinistra e non hanno evidentemente alcun interesse a creare contrapposizioni strumentali”.
Ganau conclude così la sua nota: “La consultazione referendaria è stata l’occasione per sollevare la discussione a tutto campo su un tema strategico per il Paese e sul futuro energetico dell’Italia, vero dato politico del referendum. Prendiamo atto delle dichiarazioni del presidente Renzi relativamente al mantenimento degli impegni verso una rapida transizione dalla dipendenza dei derivati fossili”. (al. car.)