“Sardegna democratica” tra censure e innovazione. La rottura tra Soru e Maria Antonietta Mongiu

Per il sito di “Sardegna democratica” – l’associazione fondata da Renato Soru -la svolta, se si compirà, sarà davvero epocale. L’ex governatore ha annunciato che intende farne una piattaforma aperta per la costruzione del programma del centrosinistra sardo. Un luogo concepito sul modello di Wikipedia dove chiunque può intervenire per arricchire col suo contributo le varie voci tematiche. Un cambiamento anche tecnologico che è stato in parte già avviato con l’installazione del sistema Liquify. Soru ha annunciato la prossima apertura diretta ai social network che consentirà di rilanciare un testo pubblicato sul sito nei profili Facebook, moltiplicandone la diffusione.

Una rivoluzione. Perché fino a ora Sardegna democratica è apparso – fino a suscitare  ironie – un sito dedicato non solo al dibattito politico – con interventi molto autorevoli – ma anche, e in alcune fasi soprattutto, alla celebrazione del culto della personalità del leader. Fino a praticare la censura di commenti che, anche in modo garbato, ne mettevano in discussione i pensieri e le opere.

Il caso più clamoroso è stato quello di Massimo Dadea, che tre mesi prima era stato eletto presidente dell’associazione in sostituzione proprio di Renato Soru. Dopo la chiusura del quotidiano Sardegna 24 scrisse un commento nel quale criticava “la spregiudicatezza e l’inaffidabilità di certi imprenditori improvvisatisi editori che utilizzano i giornali come una sorta di autobus, dove salire, fare un breve viaggio, promuovere la propria immagine, soddisfare magari le loro velleità politiche, e poi scendere”. Il quotidiano era nato da una Srl costituita da imprenditori legatissimi a Soru e da lui invitati a sostenere il progetto, sostanzialmente abbandonato poco più di un mese dopo l’uscita, del terzo quotidiano sardo,

L’articolo non fu pubblicato per diversi giorni. E apparve solo (ma accompagnato da un redazionale anonimo che lo confutava) solo dopo che Dadea annunciò le dimissioni. Troppo tardi. Poco dopo il presidente lasciò l’incarico – senza alcun dibattito sulle cause della decisione – e fu sostituito dal docente di diritto costituzionale Gian Mario Demuro.

Un mese fa Sardinia Post ha ospitato un altro intervento censurato, quello di Enzo Cugusi, che criticava il discorso svolto lo scorso 6 aprile da Renato Soru a Gavoi, sia per l’assenza di riflessioni autocritiche, sia per un’impostazione troppo ‘tecnica’ del rilancio: “Le uniche sue indicazioni sulla partecipazione alla stesura del programma sono di tipo tecnico: aprite quella pagina, scegliete e cliccate. L’esperienza di programmi condivisi (che c’era con Progetto Sardegna e nel 2006 con Prodi) era autoreferenziale (…). Quella esperienza ha fallito e nessuno dei principali protagonisti ci ha detto ancora il perché”.

Il sito è stato gestito fino a poco tempo fa dall’ex assessore alla Cultura  della giunta Soru Maria Antonietta Mongiu. Ma è passato ad altri. Tra Soru e la Mongiu è infatti avvenuta una rottura che al momento non pare reversibile. L’identità dei nuovi gestori del sito – che rispondono direttamente a Soru – non è stata ufficializzata. Così come – nonostante le tante richieste avanzate dagli utenti, tra i quali lo stesso vicesegretario del Pd, e parlamentare europeo, Francesca Barracciu – è ignota l’identità degli amministratori della pagina Facebook aperta nel gennaio scorso (e sostenuta allora dalla pagina Facebook di Sardegna democratica) “Sardi per Soru presidente”.

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