La riforma della sanità in Sardegna, secondo la Cisl, è iniziata al contrario. “Sarebbe dovuta partire dalla riorganizzazione e dal rafforzamento del territorio – spiega il segretario regionale Ignazio Ganga – per poi passare all’emergenza urgenza, arrivando solo a conclusione del processo all’eventuale ipotesi di riorganizzazione della rete ospedaliera”. Secondo limite della riforma in cantiere, per il sindacato, è voler riordinare la rete ospedaliera considerando il tema della sanità un costo anziché un investimento.
Quanto alle politiche a favore della non autosufficienza, la Cisl ha le idee chiare e lancia l’altolà: “qualora sul bilancio di prossima emanazione si dovessero riscontrare tagli rispetto alle reali necessità del sistema assistenziale regionale, non esiteremo a mettere in campo dure forme di mobilitazione e di lotta”, annuncia Ganga. Dalla riorganizzazione del territorio – secondo la Cisl – si potrà riprogrammare un modello sanitario e socio assistenziale sardo capace di contenere, da un lato, le attuali distorsioni che hanno portato a quel costoso primato del 70% di ricoveri ospedalieri inopportuni più volte denunciati dalla Regione e dall’altro porre rimedio alla complicata questione delle lunghe liste d’attesa, parzialmente presa di petto dalle misure di efficientamento del sistema salute isolano. Certo qualcosa andrà rivisto. “Noi pensiamo che la rete territoriale senza il potenziamento dei distretti – osserva ancora Ganga – non potrà garantire alla Sardegna condizioni di omogeneità nell’offerta dei servizi alle persone, dovunque esse siano, andando a ledere il principio di sussidiarietà e di cittadinanza. Per questo l’eventuale scelta di una Asl unica – precisa il segretario – dovrà essere seriamente meditata, per evitare pericolose concentrazioni di potere in ossequio a una futuribile quadratura dei conti piuttosto che sulla reale necessità di apportare beneficio al sistema sanitario regionale”.