Dopo aver lanciato l’istituzione delle mini città metropolitane, l’Anci Sardegna dice la sua anche su come gestire le competenze delle Province quando pure quelle storiche saranno cancellate. L’associazione che riunisce i 377 Comuni della Sardegna si fa avanti con una seconda richiesta di emendamento alla riforma degli Enti locali: i sindaci vogliono che gli ambiti territoriali strategici – già previsti nel riordino – assumano una funzione centrale nel nuovo modello amministrativo.
Tecnicamente per ambiti territoriali strategici si devono intendere delle macro aree geografiche. Per ora, ci sono due certezze. La prima è che si tratterà di enti di secondo livello, cioè con organi non eletti dai cittadini ma scelti tra gli amministratori locali; la seconda è che a queste strutture spetterà gestire le funzioni esercitate dalle Province. E oltre alle tre fondamentali che sono strade, scuole e ambiente, ecco le competenze secondarie come Turismo, Protezione civile, Cultura, Sport e Formazione professionale. Senza troppi giri di parole, comunque le si chiami le Province continueranno a esistere per governare tutte le attività sovracomunali o intercomunali.
Al momento non è dato sapere quanti ambiti territoriali strategici verranno creati in Sardegna. Nemmeno l’Anci ha dato indicazioni ed è probabile che la stessa riforma rinvierà la loro definizione a quando il Parlamento avrà cancellato le Province in via definitiva (probabilmente nella seconda metà del 2016, se il sì otterrà la maggioranza nel referendum sul ddl Boschi).
Sugli ambiti territoriali strategici, Pier Sandro Scano, il presidente dell’Anci, dice: “Mi piace chiamarla la Costituente del dopo Province”. E sarà appunto quella fase in cui i Comuni dovranno decidere i confini di questi futuri enti di secondo livello. Non solo: gli ambiti territoriali saranno un gradino sopra le Unioni dei Comuni, cui spetterà gestire a loro volta le competenze secondarie delle Province sino alla loro completa cancellazione. E quando la soppressione sarà compiuta, le Unioni resteranno in piedi solo per svolgere le funzioni che, per legge, i Comuni sotto i 5mila abitanti dovranno governare insieme (per esempio il Catasto, ma anche la pianificazione territoriale o la stessa Protezione civile).
Infine sugli emendamenti proposti dall’Anci emerge una filosofia di fondo che spiega lo stesso Scano. “Come abbiamo detto al presidente Pigliaru nell’incontro del 2 dicembre scorso, noi crediamo che in Sardegna vada smantellato il centralismo della Regione. Per questo è necessario puntare sugli ambiti territoriali strategici e sulle Unioni dei Comuni”.
E se il percorso verso un decentramento più spinto è la premessa, Scano sottolinea che il secondo obiettivo da raggiungere è “dare una nuova impostazione alle politiche si sviluppo, non più basandole sulla concentrazione, ma stando attenti alla diffusione attraverso precisi processi di sostegno”.
Il terzo e ultimo passaggio auspicato dall’Anci fa il paio con “la tutela dell’autonomia e l’autodeterminazione dei Comuni, compresi quelli più piccoli – conclude il presidente dell’associazione -. A qualsiasi centro va garantito il diritto all’esistenza. I nostri paesi sono il patrimonio speciale della comunità sarda”.
Al. Car.
(@alessacart on Twitter)