“Il dato straordinario della Sardegna ha un significato molto più profondo che riguarda la stessa appartenenza dell’isola allo Stato Italiano. Si tratta di un dato che va abbondantemente oltre il dato nazionale e che premia la mobilitazione tutta sarda che abbiamo messo in campo in questi mesi contro le imposizioni di Stato”. Lo afferma il deputato Mauro Pili (Unidos), commentando il dato record di No nell’isola, con oltre il 72%. “Oltre 13 punti in più rispetto alla media italiana costituiscono una specificità tutta sarda, istituzionale e costituzionale di cui occorre prendere atto con serietà e determinazione – osserva Pili – è fin troppo evidente che il risultato rappresenta l’apertura di uno scenario di rigetto dei dogmi statali e apre con forza un orizzonte moderno e concreto di libertà statuale, economica e culturale”, ha concluso il parlamentare sardo.
Forza Italia. “Renzi ha tentato di modificare la Costituzione in solitudine per consolidare il suo potere senza consenso, Pigliaru ha tentato di svendere l’Autonomia sarda per ragioni di carriera: sono stati travolti entrambi da un’onda popolare, che ha visto la Sardegna esprimere la percentuale più alta di No a livello nazionale”. Lo dichiara il coordinatore
regionale di Forza Italia-Sardegna, Ugo Cappellacci. “Il primo si è dimesso, il secondo, se avesse un briciolo di dignità, dovrebbe seguirlo a ruota perché non solo ha tradito tutti gli impegni ma ha tradito i sardi sui principi fondamentali del nostro Statuto ed è rimasto solo. I messaggi che provengono dal voto sono chiari: l’Europa e i potentati economici non possono dettarci il compitino, chi prova a toccare il nostro diritto di voto viene
punito e, soprattutto, la sovranità nazionale e l’autonomia dei sardi non si possono svendere. Su questi valori e sulla capacità di coinvolgere le migliori energie del Paese deve nascere la Terza Repubblica, che per noi può derivare da quattro cambiamenti: elezione diretta del Capo dello Stato, limite costituzionale alla tasse, vincolo di mandato per evitare i cambi di casacca e la riduzione del numero di parlamentari. E nella Terza Repubblica immaginiamo una nuova Autonomia, che riconosca nella specialità i diritti dei sardi e che veda ampliate le nostre funzioni su trasporti, energia e tasse”, conclude Cappellacci.
Movimento 5 stelle. “Assemini 77,66 %, Sardegna 72,22 %: quando ieri, prima dello scrutinio, ho espresso ottimismo sia per il voto ad Assemini che per quello in Sardegna, non mi sbagliavo – afferma il sindaco di Assemini Mario Puddu, portavoce regionale del Movimento 5 Stelle. – Son davvero fiero della risposta dei miei concittadini (e datori di lavoro) e del popolo sardo, popolo che ha detto No a questa riforma, no a Renzi e alle sue prese in giro e ha detto No al signorSì Pigliaru che ancora una volta si è dimostrato lontano anni luce dalla volontà dei sardi. Un motivo in più affinché ne prenda atto. Per quanto riguarda la paternità della vittoria, è triste assistere alla rituale salita sul carro. La vittoria è degli elettori, soltanto la loro! La vittoria è aver impedito che passasse questa riforma! Una considerazione però permettetemela: in questa campagna elettorale ho avvertito un ‘leggerissimo’ disagio nell’essere accomunato a politici come Berlusconi, ma anche a tanti altri appartenenti alla classe politica degli ultimi 30, 40 anni. La cosa grottesca è che, ad accusarci di ‘votare con Berlusconi’ erano quelli del Pd, proprio quel partito che l’ha tenuto in vita per oltre 20 anni. Nessuno come il M5S si è opposto a questa riforma, a Renzi e a questo suo governo; senza esitazione, senza tentennamenti o giochetti vari. Da anni diciamo che dobbiamo andare al voto; e dopo questo Referendum è ancora più evidente che bisogna farlo il prima possibile”.
Indipendentisti. “Un presidente eletto con una maggioranza risicata grazie ad un meccanismo elettorale degno di Erdogan, che ha un pugno di consiglieri dalla sua parte e una enorme maggioranza contro dovrebbe assumersi le sue responsabilità, come politico, come cittadino e come uomo e affrontare la realtà riconsegnando quello scranno alla volontà democratica, ed è ciò che ci aspettiamo di vedere nelle prossime ore”. Lo sostiene Pier Franco Devias per il fronte degli indipendentisti con Liberos Rispetados Uguales. “Questo voto ha creato a nostro avviso una frattura insanabile ed evidente tra la volontà del popolo sardo e il presidente Pigliaru – osserva – Oggi il presidente governa col sostegno di 36 consiglieri, per metà appartenenti a formazioni schierate per il No. C’è quindi un 73% di elettori, metà dei consiglieri di maggioranza e l’intera opposizione in Consiglio, contro i 18 del Pd che sostenevano il Sì, che non condividono la concezione di amministrazione della Regione – sottolinea ancora Devias -. Una concezione, da lui stesso espressa, secondo cui questa autonomia sarebbe dovuta essere riformata in base a una riforma accentratrice e di concerto con Renzi, il quale aveva ricambiato la sua esplicita fiducia con una pubblica promessa di nomina partitica al senato. Intanto Pigliaru probabilmente dovrà drasticamente ridimensionare i suoi sogni senatoriali, ma ciò che più è importante oggi è capire – conclude – se ha ancora senso che resti in carica come presidente anziché dare le dimissioni imitando (anche in questo) il suo modello italiano”.
Partito dei sardi. “Il differenziale sul No in Sardegna rispetto al dato italiano mi sembra legato al timore di una perdita di potere e non credo vada visto in senso conservativo o distruttivo, ma di rilancio istituzionale e dell’azione di governo: ci sono le condizioni per questo rilancio che andava fatto già prima”. Lo afferma il segretario del Partito dei Sardi, Franciscu Sedda: “Io vedo questo risultato come la richiesta di avere più coraggio per seguire una strada di autodeterminazione: una sfida – sottolinea – i sardi hanno voluto dire che non accettano restrizioni dei poteri ma chiedono di ridefinirne il quadro e credo che questo sia condiviso sia da chi ha votato Sì che da quelli che hanno votato No.
Non era un referendum su Pigliaru – chiarisce Sedda – e dobbiamo fare noi lo sforzo di trovare, sia nell’ambito dei Sì che dei No, la difesa dello spazio di autogoverno in una nuova carta di sovranità. Se abbiamo fatto molto dobbiamo fare di più”.
Sel. “Il risultato referendario rispecchia una grande rivendicazione sul fronte dell’autonomia contro una riforma che voleva la centralizzazione di ogni risorsa e i sardi hanno votato in massa contro questa eventualità. L’unica ripercussione che deve avere sul governo regionale è la fine dei ‘penultimatum’ e della stagione dei rinvii”. Lo sottolinea il presidente della commissione Autonomia del Consiglio regionale ed esponente di Sel, Francesco Agus, commentando l’esito del referendum costituzionale. “Abbiamo iniziato una verifica programmatica diversi mesi fa e, complice anche la scadenza referendaria, non si è mai conclusa. Credo che sia arrivato il momento di decidere su quali basi concludere questa legislatura”. Rispetto al risultato, Agus ritiene che rappresenti anche “lo sfogo del malessere presente della popolazione. Parte del voto è stato orientato non dalla lettura del testo ma dalla pancia – spiega l’esponente della maggioranza – E se la pancia è vuota non ci si deve sorprendere che comandi. La pietra miliare che il centrosinistra deve avere è allora la salvaguardia del lavoro e del sociale. La via d’uscita è ricostruire il fronte ampio del centrosinistra nel Paese”.
“Consiglierei al presidente Pigliaru non di dimettersi, anche perché votare Sì non era un crimine, ma di volgere finalmente lo sguardo alla Sardegna, ai sardi, alle ferite sociali, al bisogno di speranza, reddito e lavoro. Senza questa nuova vocazione ogni possibile rimpasto della Giunta rischia di essere cosa vana, corpo estraneo, inutile”. E’ l’auspicio del deputato di Sinistra Italiana-Sel, Michele Piras, che commenta così l’esito referendario. “È stata la vittoria di chi crede che centralismo non equivalga a modernità ed è stata la vittoria di quel pezzo ampio di società che ha subito le politiche del governo Renzi – sottolinea il parlamentare sardo – È stata respinta un’idea regressiva di riforma costituzionale e una campagna referendaria irresponsabile, che ha fatto leva sulla paura e lo spettro del caos. Un motivo di orgoglio e soddisfazione per chi, come me, si è battuto con convinzione sul fronte del No. Ora, passata la tempesta, bisogna riprendere a discutere. C’è un Paese diviso da ricostruire e un campo progressista che deve ritrovare se stesso, la propensione alla società, il tema della lotta alle disuguaglianze, la costruzione di comunità”.
Meris. “Onore a voi donne e uomini sardi che ieri e per sempre avete ritrovato nel vostro Dna l’onore e l’orgoglio di essere sardi”. E’ tutto in chiave indipendentista il commento del presidente di Meris Doddore Meloni alla schiacciante vittoria del No alla riforma costituzionale registrata in Sardegna. Per Meloni, che aveva criticato l’astensionismo auspicato da altri leader indipendentisti, il secco No alla riforma pronunciato da poco meno del 73 per cento degli elettori sardi è la prova “che il leggendario popolo Shardana è ritornato a combattere per la libertà della nostra amata Sardegna”. “Ieri all’improvviso è successo quello che ho sperato in 56 anni di battaglie”, ha spiegato ricordando di essere diventato indipendentista nel 1960, quando ancora diciassettenne lavorava a Torino come termoidraulico all’allestimento dei padiglioni per la celebrazione del primo centenario dell’Unità d’Italia, e i nove anni di carcere trascorsi nelle “galere italiane” per le sue battaglie. “La vittoria di ieri, significa che la Sardegna e il suo popolo stanno riprendendosi la propria dignità e libertà”, ha chiarito Meloni.