Il Consiglio regionale è al lavoro per studiare le ulteriori modifiche alla legge elettorale sarda. Sarebbe il secondo ritocco alla norma attualmente in vigore, dopo l’introduzione della doppia preferenza di genere approvata il 21 novembre scorso insieme alla composizione paritaria delle liste con l’obbligo per i partiti di candidare il 50 per cento di uomini e altrettante donne. Le nuove variazioni dovrebbero riguardare le soglie di sbarramento.
La partita della modifiche normative la sta gestendo il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, che nella conferenza dei capigruppo presenterà una proposta riassuntiva, forse già questo pomeriggio e subito dopo potrebbe seguire una conferenza stampa. I dettagli del testo normativo elaborato da Ganau, insieme agli uffici, ancora non si conoscono, ma in più occasioni il presidente ha citato il caso di Michela Murgia per sostenere la necessità di correggere la legge elettorale sarda. Ricordiamo che l’allora leader di Sardegna Possibile non venne eletta perché le liste della coalizione, a differenza della stessa Murgia che superò il 10,30 per cento (75.981 preferenze), rimasero sotto questa soglia.
Nel testo attuale, infatti, per entrare nella partizione dei seggi non contano i voti sommati dai candidati alla presidenza della Regione, ma quelli che raccolgono gli aspiranti consiglieri. E per evitare un caso Murgia bis, l’ipotesi è mantenere sì lo sbarramento al 10 per cento per le coalizioni, ma con una soglia inferiore per le liste, ancora da stabilire, qualora il leader superi la percentuale minima richiesta.
Un’altra possibile modifica riguarda lo sbarramento interno alle coalizioni: nella legge in vigore a nessun partito è richiesta una soglia minima di voti, a differenza di quanto è avvenuto alle Politiche del 4 marzo scorso con il Rosatellum, tanto che liste come +Europa, Civica Popolare, Insieme e Nc sono rimaste fuori dal Parlamento perché non hanno raggiunto il 3 per cento. Alle Regionali sarde del 2014 è successo invece che hanno conquistato seggi pure partiti che presero meno dell’1 per cento. Ma ciò aprì una lunga serie di ricorsi con continui cambi nella composizione dell’Aula per oltre un anno e mezzo. Per evitare un’identica girandola di poltrone, una delle ipotesi è fissare una soglia interna alle coalizioni, tra il 2 e il 3 per cento.
Contestualmente è in discussione pure la riduzione dello sbarramento previsto attualmente per le liste che corrono da sole con un proprio candidato alla presidenza: la soglia in vigore è del 5 per cento, ma dovrebbe essere rivista al ribasso, sempre al 2 o al 3 per cento.
A novembre 2017, quando Ganau presentò la sua proposta di legge per introdurre la doppia preferenza, ipotizzò pure la cancellazione della norma che apre le porte del Consiglio a due soli candidati governatore: quello che vince, ovviamente, e il secondo più votato. Ganau, un anno fa, propose di introdurre una norma per garantisse l’elezione a tutti i leader con un consenso superiore al 10 per cento.
La discussione informale in Consiglio sta ruotando intorno anche alla proposta di legge dei bersaniani di Mdp-Art1, con la quale si vorrebbe introdurrebbe il proporzionale puro e la conseguente eliminazione dell’elezione diretta del governatore, come avviene dal ’99. Il testo, non ancora protocollato, è stato illustrato dal consigliere Eugenio Lai. Ma Francesco Agus, presidente della commissione Riforme, quota Campo progressista, ha già messo la pregiudiziale e in un comunicato diffuso nei giorni scorsi ha bollato la proposta come un’azione “totalmente fuori luogo, fuori contesto e fuori tempo”. Perché “sottrarre ai cittadini quanto ora è in loro potere, ovvero la scelta del presidente della Regione, significherebbe riportare l’indicazione del governatore nelle paludi del Consiglio. Sarebbe un errore storico – ha scritto Agus – e rischierebbe di segnare un’ulteriore distanza tra le istituzioni sarde e gli elettori”.
Nulla si sa invece sul destino del voto disgiunto che è previsto dalla legge attuale, ma non piace soprattutto al centrodestra. E un motivo c’è: alle Regionali del 2014 le liste di Forza Italia e alleati presero più preferenze rispetto a quelle del centrosinistra. Se non fosse stato per il voto disgiunto, le elezioni di quattro anni fa sarebbero potute finire diversamente.
Alessandra Carta
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