La candidatura di Ugo Cappellacci, il presidente tre volte imputato in altrettanti processi, non piace ai Riformatori. E così nel centrodestra si apre – a sorpresa – una questione per certi aspetti analoga a quella che divide il centrosinistra dopo l’avviso di garanzia a Francesca Barracciu. È successo lunedì sera nel corso di un vertice a Villa Devoto.
Inutile dire che il governatore non ha gradito, specie adesso che si sentiva forte dopo l’endorsement ricevuto da Silvio Berlusconi. Ma i Riformatori, a quanto pare, non la pensano come il Cavaliere che, da pluriprocessato qual è, nonché condannato in via definitiva (fino a decadere da senatore), non deve aver considerato un ostacolo la situazione giudiziaria del presidente sardo uscente. Che pure è incomparabilmente più grave rispetto a quella della Barracciu.
Se nel centrosinistra per scatenare lo scontro sul nome dell’eurodeputata è bastato un avviso di indagine per peculato, nel centrodestra per mettere in discussione il nome di Cappellacci non parevano sufficienti due procedimenti per bancarotta (uno riguarda il crac della municipalizzata carlofortina e va a sentenza a gennaio; l’altro è quello per il fallimento della Sept) più il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio a conclusione dell’indagine sulla cosiddetta Loggia P3.
Questo fino a lunedì, quando i Riformatori hanno alzato la voce. Preoccupati, secondo quanto si è appreso, non solo dalla crescente ostilità dell’elettorato verso la politica (accentuata nell’Isola dall’indagine sui fondi ai gruppi che ha già portato in cella tre esponenti del Pdl), ma anche dai meccanismi della legge Severino. Secondo questa normativa, infatti, una condanna del governatore per abuso d’ufficio farebbe decadere l’intero Consiglio regionale obbligando la Sardegna a tornare alle urne.
Nel centrodestra nessuno parla ufficialmente. Ma la notizia della bordata tirata dai Riformatori al Governatore ha girato in fretta tra i consiglieri di maggioranza. I referendari hanno partecipato alla riunione con il leader sardo Michele Cossa e l’altro onorevole Attilio Dedoni. Per il Pdl, oltre Cappellacci, c’erano il capogruppo in Consiglio regionale Pietro Pittalis più i parlamentari Salvatore Cicu ed Emilio Floris. In quota Udc si sono presentati Giorgio Oppi e Giulio Steri. Per Fratelli d’Italia Antonello Liori e Matteo Sanna.
Come vada a finire, non è dato saperlo. Al momento, i Riformatori sono isolati nella loro battaglia sulla questione morale. Ma una fronda potrebbe aprirsi nel caso in cui il Pdl dovesse spaccarsi. Del resto, i sostituti alla presidenza non mancano. E in pole, su tutti, si sono proprio i due parlamentari berlusconiani presenti al vertice.
Floris, in particolare, è da sempre molto gradito ai Riformatori, sebbene pure lui rischi un rinvio a giudizio per abuso d’ufficio: l’ipotesi di reato è legata all’ordinanza con la quale l’ex sindaco di Cagliari sospese la demolizione dei baretti al Poetto. E questo potrebbe avvantaggiare Cicu che non è coinvolto in alcun procedimento.
Lo stesso vale per i referendari, uno dei pochissimi partiti che sono ancora fuori dall’inchiesta sui fondi ai gruppi, benché le indagini del pm Marco Cocco non siano concluse. Più complicato è il posizionamento dell’Udc, i cui consiglieri, ad eccezione del capogruppo Steri, hanno ricevuto un avviso di garanzia. Incluso il leader Oppi.
Alessandra Carta