Piano casa, la studiosa fuori dal coro: “Senza la qualità non ci sarà sviluppo”

“Assodato che questo Piano casa in discussione verrà approvato, qualunque sarà suo il contenuto, subito dopo la discussione sull’urbanistica in Sardegna dovrà ripartire da una necessità: andrà ribaltato il paradigma di analisi, l’approccio culturale alla normativa, mettendo finalmente al centro le peculiarità della nostra Isola. Sino a oggi, invece, una regola fissa è stata applicata indiscriminatamente a spazi e paesaggi diversi”. Maria Sias lo dice più e più volte durante un’ora di intervista. Ingegnera, unica donna a laurearsi a Cagliari nel 1971 fra 380 colleghi, la Sias vale un pezzo della storia contemporanea nel capoluogo. Progettista dello scalo crociere, regista della passeggiata coperta e dei percorsi della città regie, ha insegnato nell’università del capoluogo per trent’anni. Gli ultimi dieci occupandosi di ‘Recupero e riqualificazione ambientale, urbana e territoriale’. Suo anche un apprezzato libro sullo sviluppo delle aree interne dell’Isola.

Ingegnera, cominciamo dalla fine. Entro dicembre il centrodestra di Christian Solinas vuole mettere il sigillo alle nuove regole del Piano casa. Opposizioni e ambientalisti sono già di traverso. Sarà una colata di cemento?

La tutela ambientale è un dovere. Ma nemmeno si può continuare a perdere il treno dello sviluppo. A prescindere dalle appartenenze politiche, io credo che la tutela nei 300 metri dal mare sia insufficiente in certe zone ed eccessiva in altre.

Prima osservazione: nel 2020 ha ancora senso ragionare in termini di ‘mattone uguale crescita economica’?

Ribaltiamo il discorso, con un’altra osservazione: tenere l’ambiente sotto chiave è foriero di migliori risultati rispetto a un’edificazione di qualità?

A cosa si riferisce in particolare?

Di certo non mi riferisco a interventi impattanti. In Sardegna, per esempio, non si investe nelle cosiddette architetture ecosostenibili, fatte anche di strutture ‘precarie’ e programmate su una obsolescenza controllata. In contesti ambientali sensibili sono sperimentati con successo i bungalow a cinque stelle. Ma anche capanne o case mobili, sempre naturalmente di altao pregio. La qualità paga sempre: non è un caso che il Forte Village, ancora oggi dopo tanti anni, venga considerato il miglior brand del mondo nell’industria del turismo.

Il problema è che la Giunta Solinas punta su mattoni veri. Nella bozza di Piano pronta ad approdare in commissione Urbanistica per il via libera finale, è addirittura previsto un aumento di cubature sino al 50 per cento. Per case o alberghi che ricadono in lottizzazioni autorizzate prima del 1989 oltre i 300 metri dal mare.

L’eccesso non è la quantità, ma la qualità. Insieme ai premi volumetrici andrebbero istituite commissioni ad hoc. Esiste un concetto universale di tutela. Il rispetto del paesaggio non è aleatorio né opinabile. Nessun dubbio sul fatto che la ricchezza non passi dal mattone. Ma negli ultimi quindici anni l’edilizia in Sardegna ha conosciuto una crisi che non ha eguali nel resto del Paese. La moria delle piccole e piccolissime imprese artigiane è andata avanti senza soluzione di continuità. Nemmeno mettere sotto chiave l’ambiente si è rivelata una scelta vincente.

Lei prima ha detto che la tutela nella fascia dei trecento metri può anche essere un eccesso di zelo. Lo fa un esempio?

Prendiamo la lottizzazione de La Saia a Santa Margherita di Pula dove le ville completamente immerse nella pineta col Piano casa potrebbero essere ammodernate. Mi pare un vantaggio, non un disvalore. Anche in termini ambientali. Dove non c’è impatto visivo, non si capisce perché si debbano bloccare le riqualificazioni. Ecco perché trovo sbagliato l’approccio della regola urbanistica applicata tout court.

Adesso lo fa un esempio di territorio dove l’inedificabilità andrebbe difesa anche oltre i trecento metri dalla battigia?

Pensiamo al versante di Posada. Ci sono insediamenti a mezza costa realizzati sventrando completamente il monte circostante. Uno scempio ambientale che non è meno grave rispetto alla devastazione delle coste. Ma non viene mai citato perché sembra che lontano dal mare le regole possono essere anche meno rigorose. Invece no. È questa una stortura da correggere. Ripeto: rinnovare l’approccio culturale alla normativa urbanistica significa creare maggior attenzione per ogni territorio in un comune obiettivo di sviluppo.

Come si fa?

Negli ultimi quindici anni abbiamo imparato il come non si fa. Obbligare al Puc i centri più piccoli non ha senso. L’elaborazione di un Piano urbanistico comunale ha costi proibitivi. Se si vuole contenere lo spopolamento delle aree interne, si pensi a strumenti urbanistici che fissino regole dove si vogliono fare investimenti, non sull’intero territorio municipale. Che senso ha progettare aree verdi, parcheggi, servizi e zone di espansione in Comune dove si contano 400 residenti in decremento?

Trova che il Ppr vada superato?

Sì. La Sardegna ha bisogno di un Piano strategico. Che deve necessariamente includere il Ppr e la sua revisione, ma anche normare l’Isola per territori. La vera ingiustizia non è fissare paletti diversi in luoghi differenti, ma non sforzarsi di pensare per ambiti territoriali alla valorizzazione delle risorse locali.

Nelle interlocuzioni con la maggioranza, l’Ordine degli ingegneri di Cagliari si è schierato?

Un Ordine è espressione di una pluralità di posizioni. La richiesta portata al tavolo della concertazione dal nostro presidente Sandro Catta è stata una: difendere l’equilibrio tra i diversi portatori di interesse, una posizione obbligata per mediare le differenti opinioni espresse dai colleghi.

Lei al richiamo della politica non ha mai ceduto. In almeno due diverse occasioni Emilio Floris, da sindaco di Cagliari, le chiese di fare l’assessore all’Urbanistica. Un consiglio al presidente Solinas lo vuole dare?

Stare fuori dagli schieramenti politici consente, a mio avviso, una maggiore libertà di pensiero. Di sicuro i tempi sono maturi perché si lavori davvero a quel Piano strategico capace di inglobare ma anche superare il Ppr.

La strada qual è?

Il modello Genova. Il modello ‘Ponte Morandi’. Bisogna prevedere procedure speciali e accelerate per gli interventi più urgenti. La burocrazia è paralizzante, bisogna superarla. Chiunque abbia familiarità con le conferenze di servizi, si rende conto che basta un’assenza per bloccare un progetto. Dico allora al presidente Solinas di creare una task force che si occupi di addivenire a una nuova legge urbanistica con la quale coniugare il binomio ambiente e sviluppo.

Zone agricole: il Piano casa del centrodestra cancella il lotto minimo di dieci ettari e l’obbligo di essere operatori agricoli per costruire nell’agro.

Si tratta di due principi validissimi che vanno difesi. È una questione di lungimiranza.

Il nuovo Piano casa in dirittura d’arrivo autorizza anche la realizzazione dei sottotetti e degli interrati. È d’accordo?

Con caratteristiche tecniche e igienico-sanitarie adeguate non vedo perché non debbano essere sfruttate queste volumetrie già esistenti per diversi utilizzi.

È vero che nel suo ambiente la chiamano ‘Signora Ruspa’?

Verissimo. Contro gli abusi serve mano dura. I piani di risanamento urbanistico, applicati su intere periferie costruite abusivamente, non hanno difeso il diritto alla prima casa. Più spesso si sono rivelati alleati fedeli della speculazione edilizia, fatta sulle spalle di chi, con fatica, si stava costruendo un tetto dove vivere con la propria famiglia. Sono sotto gli occhi di tutti le orribili lottizzazioni derivate dai Prsu: tutte occasioni perdute per avere nuovi quartieri cittadini di grande qualità.

Alessandra Carta
(@alessacart on Twitter)

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