Le proteste contro lo Stato francese per l’aggressione in carcere all’indipendentista Yvan Colonna si trasformano in un’occasione per rivendicare maggiore autonomia che ora, con una svolta storica, potrebbe arrivare.
Sono ore cruciali per la Corsica da due settimane infiammata da manifestazioni che hanno portato in piazza partiti indipendentisti, giovani universitari e cittadini comuni. Tutti uniti per chiedere verità su quanto avvenuto nel carcere di Arles dove un detenuto jihadista ha cercato di uccidere l’attivista Colonna condannato all’ergastolo per l’omicidio del prefetto Claude Erignac nel 1998 e ora in coma. Secondo il procuratore nazionale antiterrorismo Jean-François Ricard il tentato omicidio sarebbe da ricondurre a motivi religiosi. Ma in Corsica in pochi credono a questa versione e addossano la responsabilità allo Stato francese che non avrebbe tutelato abbastanza Colonna rifiutando negli anni di trasferirlo in un carcere nell’isola.
Le proteste sono state numerose e in diverse città della Corsica ci sono stati scontri con le forze dell’ordine. Da ieri sull’Isola per cercare di placare gli animi è arrivato il ministro dell’Interno Gèrald Darmanin. La sua visita viene vista come un evidente segno di apertura nei confronti delle rivendicazioni corse. La più importante è quella dell’autonomia che lo stesso ministro in ha ammesso in un’intervista a Corse Matin: “Siamo pronti ad arrivare fino all’autonomia. Ecco, ho detto la parola”. Sicuramente un traguardo non raggiungibile nell’immediato ma attraverso una serie di lunghi negoziati, al momento tuttavia l’aver scelto di percorrere questa strada basta a Simeoni per parlare di svolta “importante”.
In questi giorni agli indipendentisti corsi è arrivata la solidarietà dei ‘colleghi’ sardi. La più recente è stata quella dimostrata da Liberu. “Il tentativo di assassinio di Yvan Colonna è solo l’ultimo atto di una lunga serie di vicende repressive da parte dello Stato francese nei confronti del movimento di liberazione nazionale corso, che combatte contro le mire speculative, la cementificazione, la dispersione e l’annientamento della cultura nazionale, per il riconoscimento politico del popolo corso, la liberazione dei prigionieri politici e il diritto all’indipendenza. Una lunga lotta che si è sviluppata nel corso degli anni su piani diversi, da quello elettorale e istituzionale a quello politico militare, e che pone continuamente all’ordine del giorno la necessità di una risoluzione politica di un conflitto a cui lo Stato non sa rispondere in altro modo che con la repressione”.
[Foto: la manifestazione del 13 marzo a Bastia]