“Ieri, un altissimo funzionario dello Stato italiano in Sardegna si lasciava andare ad affermazioni di stampo positivistico (non positivo) nei confronti dei sardi. Frasi forse senza malizia, o forse mosse dalla inconscia nostalgia canaglia per i bei tempi di Bechi, Niceforo e Lombroso, quando i “problemi” in Sardegna si risolvevano mandando l’esercito italiano a fare “caccia grossa”. Il segretario nazionale del Partito dei Sardi Franciscu Sedda interviene sulla polemica innescata dalle parole del procuratore generale della Corte d’Appello Roberto Saieva all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario. Saieva ha parlato di “Istinto predatorio tipico della mentalità barbaricina” ed ha sollevato una valanga di critiche da parte di cittadini ed esponenti della politica sarda.
“Contemporaneamente – scrive Sedda – il Parlamento Sardo chiudeva con l’arte della legge e della negoziazione una vertenza durata anni, una vertenza nata dall’ammissione da parte dello Stato italiano di un’ingiusta e ripetuta appropriazione dei soldi dei sardi da parte dell’Italia. Nello scontro fra una presunta antropologia sarda e una sicura, reiterata ed istituzionalizzata appropriazione indebita italiana verrebbe da chiedersi da che parte stia il famigerato “istinto predatorio”. Chissà. Intanto, tra vedere e non vedere, noi sardi ci siamo civilmente fatti giustizia, affermando democraticamente la nostra sovranità di popolo e il nostro diritto a gestire e far crescere la nostra prosperità. Sempre più consapevoli che essere diversi – di nazioni diverse – non è un dato della storia genetica ma un prodotto del presente politico. E su questo la giornata di ieri ci ha dato gran conforto.