Il commissario di Letta scontenta quasi tutto il Pd. Ma le correnti non si accordano

Alessandra Carta

di Alessandra Carta

Il Pd sardo è sempre più in balia di Enrico Borghi, il commissario ad acta mandato a fine 2021 dal leader nazionale Enrico Letta per portare a compimento una missione di cui non si vede traccia. Borghi avrebbe dovuto convocare nell’Isola le nuove primarie del partito, entro febbraio 2022. Invece a due mesi dalla scadenza non solo aria congressuale non se ne respira, ma il commissario non sembra seminare in questo senso.

Va fatta una premessa per capire gli umori nel partito, dove la corrente di Letta-Borghi, guidata in Sardegna dall’ex deputato Marco Meloni, è la più piccola ed esiste come componente che può contare qualcosa solo nella misura in cui si allea col gruppo di Renato Soru. Ma nelle settimane scorse pure la corrente dell’ex governatore ha firmato il documento col quale a Borghi e a Letta viene chiesto di celebrare il congresso entro giugno. E non alle calende greche, come nelle intenzioni del commissario ad acta e di Meloni.

Il risultato è che i pochi lettiani sardi stanno tirando la corda in maniera inopportuna, visto che la quali totalità del partito condivide una stessa scadenza temporale. Il limite di giugno è stato sottoscritto dai soriani su proposta dell’ex maggioranza formata dalla componente popolare-riformista di Antonello Cabras e Paolo Fadda e dal gruppo di Siro Marrocu e Giulio Calvisi.

Borghi l’altro giorno sembrava raccogliere l’invito ad accelerare e per questo week-end ha invitato i circoli ad aprire la campagna di tesseramento 2022. Ma a stretto giro si è scoperto il trucchetto: le iscrizioni al Pd sardo non sono il preambolo di nulla nell’immediato. Serviranno solo a contare i voti delle correnti quando sarà.

Anche su questo Borghi ha giocando pesante, è la sensazione nel Pd: in tutti i congressi fatti sinora, la base elettorale nei circoli era rappresentata dalle tessere dell’anno precedente, a cui venivano aggiunte le nuove. Il commissario, invece, vuol fare tabula rasa del patrimonio di consenso accumulato in questi anni dalle componenti interne rendendo valide solo le iscrizioni dell’anno in corso. Peraltro da farsi solo online.

Ovviamente la mossa di Borghi sarebbe passata inosservata se la platea degli interlocutori fosse composta da democratici di primo pelo. Invece nel partito sardo il pelo ce l’hanno sullo stomaco. Ragion per cui la mossa del commissario non avrà vita lunga.

Se l’intenzione nel Pd sardo è contrastare Borghi una volta per tutte, le correnti non possono restare a lungo alla finestra ma devono fare lo sforzo di trovare un candidato condiviso, almeno per traghettare il partito verso le Politiche del 2023. Perché questo è il grande tema: se Borghi riuscisse nell’intento di procrastinare la convocazione del congresso, sarebbero lui e Meloni a decidere le candidature per il Parlamento, dove l’anno prossimo siederanno meno deputati e senatori per via della riforma. I primi passeranno da 630 a 400, i secondi da 315 a 200. Tra Montecitorio e Palazzo Madama. La Sardegna, che oggi ha 25 scranni, scenderà a 16.

Vien da sé che con meno poltrone a disposizione, ogni strategia è buona per portare l’acqua al proprio mulino. Ma se le correnti interne trovassero un candidato condiviso, la ripartizione dei posti in Parlamento avverrebbe senza morti e feriti. Di certo non ci sarebbe un commissario di una parte sola che avvantaggerebbe la propria fazione, come è sempre successo dentro e fuori il Pd.

Nei mesi scorsi la figura buona per tutte le stagioni sembrava essere quella di Luigi Lotto, ex consigliere regionale di area Soru. Ma è considerato troppo avanti con gli anni – è classe 1953 -per rilanciare il Pd come partito del rinnovamento. Proprio per questo gli stessi soriani sono stati i primi a rispedire al mittente la leadership dell’ex onorevole. Lotto, uomo di mediazione, sarebbe stato perfetto per mantenere la pace nel partito. Ma l’obiettivo è poca cosa rispetto alla necessità che hanno i democratici di ricominciare a prendere voti.

L’arrivo di Borghi è stato costruito da Letta in questo solco di mancato accordo. Solo che adesso la sua figura sta diventando più un problema che un vantaggio. Per una ragione su tutte: se il tesseramento online si rivelasse un flop con una notevole contrazione degli iscritti, il Pd sardo rischierebbe seriamente di finire nella mani di un commissario. Non più ad acta ma con mandato pieno.

Alessandra Carta

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