Fermi tutti, dice l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia attraverso il suo presidente sardo Cristiano Erriu e il drettore generale Umberto Oppus. La norma del decreto anticorruzione che stabilisce l’incompatibilità tra il ruolo di dirigente pubblico e quello di assessore, consigliere o sindaco di comuni sopra i 15mila abitanti è troppo vaga per poter essere applicata. E’ necessario arrivare a un’interpretazione chiara e univoca. E nel frattempo la Regione potrebbe fare la sua parte sospendendo l’efficacia del decreto.
Insomma, allo “scempio”, come lo definisce Oppus, si può porre un freno, in attesa di un rimedio. E il potere di intervenire spetta appunto alla Regione che ha competenza primaria in materia di enti locali. C’è il timore che situazioni identiche vengano affrontate in modo diverso: che si dimettano amministratori che in realtà non sono incompatibili e che viceversa, restino al loro posto amministratori che lo sono. Col risultato di produrre atti destinati a essere dichiarati nulli.
Nella confusione totale, già due assessori comunali a Cagliari e a Olbia e un direttore generale si sono dimessi dai loro incarichi. Inoltre sono state avviate verifiche su situazioni dubbie, come quella del sindaco di Nuoro, Alessandro Bianchi, che è un dirigente medico. Il quale (al pari degli altri colleghi in analoghe situazioni) dovrebbe essere “immune” dall’incompatibilità: non riguarderebbe i primari ma solo i direttori generali dell’amministrazione sanitaria. Ma si tratta di un'”interpretazione”, per quanto attendibile. In assenza di una chiarimento definitivo i dubbi restano e le amministrazioni sono costrette operano in una condizione precaria.
“La logica di questo provvedimento mi sembra incomprensibile – afferma Bianchi -. Cosa è passato per la testa del legislatore? A quanto pare i sindaci e gli amministratori di paesi con meno di 15.000 abitanti sono già immuni dalla corruzione e non hanno bisogno di essere incompatibili. Inoltre un dirigente medico o un preside di scuola non possono essere eletti e un libero professionista, che magari ha anche più rapporti di lavoro con gli enti pubblici, sì. Di questo passo potranno fare gli amministratori pubblici soltanto i pensionati, gli imprenditori e i liberi professionisti. Mi sembra che l’unico risultato di questo decreto, oltre a quello di creare il caos, sia di limitare le possibilità di scelta dei cittadini al momento del voto con una decisione che solleva molti dubbi di costituzionalità”.
L’unica cosa certa è che le incompatibilità (come è già successo a Cagliari e a Olbia) verranno quasi sempre risolte con l’abbandono dell’incarico politico a favore di quello pubblico. D’altra parte la scelta è tra un posto a termine di sindaco, assessore o consiglieri comunale e il proprio posto di lavoro. La decisione opposta sarebbe pensabile per i consiglieri regionali, considerando l’entità del loro stipendio. Ma, secondo i primi accertamenti svolti dalla presidente del Consiglio regionale Claudia Lombardo, nell’assemblea sarda non ci sarebbero casi che rientrano, nemmeno in modo dubbio, nel decreto.
La parola ora passa al governo regionale che, secondo l’Anci, ha un’ottima occasione per utilizzare i poteri autonomistici in modo immediato e concreto.