Commissione uranio impoverito, allarme per Teulada e Quirra: “Rischi ambientali”

“In svariati poligoni di tiro presenti sul territorio nazionale la mancata o tardiva bonifica dei residui dei munizionamenti ha prodotto rischi ambientali: tra questi il poligono di Capo Teulada, con la cosiddette penisola interdetta, dove si stima la presenza di oltre duemila tonnellate di materiali inquinanti, il poligono interforze di Salto Quirra, il poligono di Monte Romano e quello del Cellina Meduna”. È questo uno dei passaggi della conferenza stampa convocata oggi dalla Commissione parlamentare sull’uranio impoverito, presieduta dal deputato Gian Pietro Scanu, il quale ha illustrato la relazione intermedia, il cui lavoro è culminato in una proposta di legge sulla ‘sicurezza sul lavoro e la tutela assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali del personale delle Forze armate’.

“L’universo della sicurezza militare non è governato da norme adeguate – ha detto Scanu -. C’è bisogno di una nuova legge”, senza la quale “resteranno immutate le scelte strategiche di fondo che paradossalmente trasformano i militari in lavoratori deboli e umiliano i militari ammalati o morti per la sproporzione tra la dedizione dimostrata e la riluttanza istituzionale al tempestivo riconoscimento di congrui indennizzi”. La Commissione sollecita anche il “monitoraggio in continuo delle aree interne ed esterne ai poligoni e forme di controllo sulla gestione dell’attività di bonifica” e propone di integrare e modificare in tal senso il Codice dell’Ambiente.

Ancora dalla conferenza stampa: “Rischi di esposizione ad agenti chimici e cancerogeni connessi a sostanze impiegate nelle
diverse attività” sono emersi in alcuni documenti acquisiti dalla Commissione parlamentare. Le criticità maggiori sono segnalate appunto nelle zone dei poligoni di tiro, e “ulteriori rischi, altrettanto rilevanti, insidiano le caserme, i depositi e gli stabilimenti militari: sia rischi strutturali, sia carenze di manutenzione, sia presenza di materiali pericolosi come l’amianto”, che non risulta ancora integralmente eliminato da navi, aerei, elicotteri in dotazione.

Pertanto, l’inchiesta della Commissione sottolinea come “il personale militare risulta esposto a rischi fisici, a rischi biologici, a rischi di esposizione ad atmosfere esplosive, nonché a condizioni di stress lavoro correlato”. La relazione denuncia anche “l’inammssibile ritardo” sui monitoraggi ambientali nei teatri operativi all’esterno. “Per decenni – si legge nelle relazione – le Forze Armate italiane hanno esposto personale militare e civile a elevatissime concentrazioni di gas radon, un gas radioattivo noto per la sua cancerogenità“, e all’amianto. Viene poi evidenziata l’indisponibilità di dati certi sulle malattie correlate: secondo quanto comunicato dalla Difesa, nel comparto si sarebbero verificati 126 casi di mesotelioma; dai dati raccolti dalla Procura della Repubblica di Padova, le malattie asbesto correlate a carico di dipendenti della Marina Militare sono state 1.101.

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