“Pronto soccorso in Consiglio regionale”, ecco tutte le falsità e il tariffario

Alessandra Carta

In Sardegna continua a tenere banco la storia del “Pronto soccorso” allestito nel Palazzo di via Roma. La notizia è stata diffusa con un audio (che pubblichiamo alla fine dell’articolo) dall’ex consigliera regionale Claudia Zuncheddu. Per tre minuti e ventisei secondi, la Zuncheddu fa credere in qualche modo che “25 medici e 35 infermieri” siano stati dirottati in maniera permanente nell’assistenza degli onorevoli anziché essere impiegati per tappare le tante falle della sanità isolana

Le intenzioni populiste della Zuncheddu sono venute subito a galla, anche perché è dai primi anni Duemila che il Punto di primo intervento, ovvero un’infermeria, esiste in Consiglio regionale, un servizio attivo anche quando la Zuncheddu sedeva nell’Assemblea sarda, eletta nelle lista dei RossoMori. Era il 2009 e quel posto l’ex RossoMori l’ha occupato per l’intera legislatura, sino al 2014. Eppure la Zuncheddu (nella foto Facebook di copertina) ha deciso di parlare con un ritardo di tredici anni, come raccontato da Sardinia Post.

La prima cosa non vera diffusa dall’ex onorevole è che, come detto, nel Palazzo di via Roma c’è giusto un’infermeria. Una stanza con un lettino, un apparecchio per fare l’elettrocardiogramma e qualche medicinale, insieme alla cassetta per il primo soccorso. Di certo non una mega struttura. Il medico e l’infermiere che ci lavorano lo fanno fuori dall’orario di lavoro e secondo i turni gestiti dall’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari che ha siglato la convenzione con il Consiglio regionale.

Per contratto, il personale sanitario degli ospedali può fare un tot di ore per l’attività libero professionale, da svolgere intramoenia, cioè all’interno della stessa struttura in cui lavora, o fuori, come nel caso del servizio nel Punto di primo intervento del Consiglio regionale. Vuol dire, a differenza di quanto ha fatto credere la Zuncheddu, che quello stesso personale non può essere impiegato per coprire le falle della sanità sarda in piena crisi. A meno di un accordo extra e comunque dietro il pagamento di un corrispettivo, oltre che su base volontaria. Quindi l’infermeria del Palazzo di via Roma non ‘drena’ personale alla sanità pubblica.

Sardinia Post è riuscita anche a recuperare il tariffario: per l’attività libero professionale in Consiglio regionale, i medici prendono 60 euro lordi all’ora. Considerando che la convenzione prevede un servizio di otto ore per tre giorni a settimana, spiegano dagli Uffici di via Roma, fanno 1.440 euro. Quanto agli infermieri, il tariffario è di 35 euro lordi con lo stesso numero di ore. Sono altri 840 euro.

Con la convenzione del 2020, l’ormai famigerata deliberazione numero 344, la novità introdotta è che il personale sanitario impiegato non viene più pagato per l’intera settimana a prescindere dal servizio reso, ma c’è una diaria che funziona in qualche modo come un gettone. Così ha deciso il capo dell’Aula, Michele Pais, in accordo con l’Ufficio di presidenza nell’ottica di contenere i costi. Una spesa che indubbiamente c’è e ricade sui sardi, tanto che Gianfranco Ganau, predecessore di Pais, l’aveva considerata inutile e dal 2014 al 2019 non ha rinnovato la convenzione.

Sull’infermeria in Consiglio regionale può essere sollevata una questione economica, visto che in un mese il servizio costa 9.120 euro, se il personale sanitario deve lavorare per tutte le quattro settimane. Ma considerando che nell’Aula di via Roma siedono anche diabetici, cardiopatici, ipertesi e onorevoli con molte altre patologire, la presenza di un medico e di un infermieri durante le sedute di Aula e i lavori delle commissioni consiliari, è stata pensata proprio per evitare di chiamare il 118 a giorni alterni.

Invece: a differenza di quanto sostiene la Zuncheddu, la situazione esplosiva nei Pronto soccorso e negli ospedali non si risolve facendo fare ore di straordinario al personale già in servizio. Il problema sono gli organici ridotti all’osso. Medici e infermieri non è che devono lavorare più di quanto già fanno: quello che serve nelle sanità isolana sono nuove assunzioni, non pezzette peggiori del buco (sotto l’audio della Zuncheddu diffuso l’altro ieri via WhatsApp).

Alessandra Carta

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