Piovono critiche sul progetto della discarica di servizio del Tecnocasic che il Cacip vorrebbe realizzare a S’Otioni Mannu, agro di Uta, nel Cagliaritano. A documentare le carenze dell’elaborato progettuale è l’ingegner Gianni Cossu, che rivela: “La discarica è stata dimensionata sui valori delle precipitazioni registrate tra il 1922-1980, mentre esistono dati relativi al periodo 1981-2007”. Non solo non si tiene conto del cambiamento climatico, “i due moduli dell’impianto di S’Otioni Mannu sono predisposti per ‘reggere’ un’intensità di precipitazioni pari a 18 e 36 mm, ma, stando ai dati relativi all’alluvione del 2008 sono caduti 150 mm di pioggia in una sola ora nel mattino del 22 ottobre 2010, come emerge dai rilevamenti della stazione di Uta”, conclude l’ingegnere.
La conclusione è chiara: “Siamo in presenza di un impianto pericoloso”. Sulla stessa lunghezza d’onda la geologa Marina Pomodoro, per la quale “la proponente ignora completamente il rischio idrogeologico”. L’area non è perimetrata dal Piano d’assetto idrogeologico, “ma questo non vuol dire che quella zona non sia soggetta ad allagamenti, come dimostra l’alluvione del 1999, quando il 12 novembre caddero in poche ore 350 mm di pioggia. Il progetto è insostenibile da un punto di vista professionale”, spiega la geologa. E aggiunge: “Dico no anche come mamma e cittadina”.
Di fronte ai 300 accorsi all’incontro del comitato No Discarica di Uta, si parla anche dei problemi di carattere economico: “Manca il piano finanziario e non ci dicono quali siano i costi dell’investimento e le linee di finanziamento. Di certo non si tratta di finanziamenti europei, anche perché Bruxelles considera la discarica all’ultimo posto della gerarchia comunitaria in fatto di gestione dei rifiuti, d’altra parte la Commissione europea non ha finanziato il revamping del Tecnocasic”, spiega Riccardo Schirò di Cagliari città capitale. Più in generale, continua Schirò, diminuiscono rifiuti, aumenta la differenziata e si aumenta la capacità di smaltimento degli inceneritori e delle discariche. Per importare rifiuti da fuori, come previsto dal decreto Sblocca Italia e dal nuovo piano degli inceneritori del governo?”, denuncia Schirò.
Presente anche il presidente di Zero Waste Sardegna Franca Battelli, che ricorda “le numerosi produzioni agricole a marchio Dop e Igp presenti nell’area dove dovrebbe sorgere la discarica. La Regione punta su discariche e inceneritori, sostenendo che esiste un’emergenza rifiuti, ma non è così: gli ultimi dati Ispra parlano di raccolta differenziata al 53%. Si può allora implementare la Strategia rifiuti zero basata sulle buone pratiche della riduzione dei rifiuti alla fonte, riparazione e riciclo, in questo modo ogni cittadino può arrivare a produrre fino a 40 kg di rifiuti in meno. In modo particolare, il riutilizzo è un’opzione remunerativa anche dal punto di vista economico. Per evitare il conferimento in discarica e agl inceneritori, ci si può avvalere di nuove tecnologie come l’estrusione a freddo, già abbondantemente impiegata per la produzione di granulato, materiale inerte che può essere utilizzato per arredi esterni, nelle malte cementizie o casalinghi. Oggi viene pagato 240 euro a tonnellata“.
Conclude il ricercatore del Cnr di Sassari Guy D’Hallewin, che lancia l’allarme: “La biodiversità che ha reso la Sardegna l’isola della longevità a rischio a causa dei veleni provenienti da discariche, inceneritori, industria petrolchimica e mineraria”.
Piero Loi