I 377 Comuni della Sardegna hanno in cassa 500 milioni di euro. I soldi si sono accumulati negli ultimi diciassette anni, a partire dal ’97, quando l’Italia ha sottoscritto il patto di stabilità. Ovvero, l’adesione ai cosiddetti parametri di Maastricht che hanno obbligato i Paesi dell’Ue a limitare la spesa per contenere disavanzo e debito pubblico, rispettivamente al 3 per cento e al 60 per cento sul Pil (prodotto interno lordo).
Il patto di stabilità ha un acronimo: Psc, dove la C sta per crescita, diventata nel tempo un miraggio per via di quegli stessi vincoli di spesa che hanno sortito l’effetto opposto, fermando in tutti gli 8.092 Comuni italiani qualcosa come 12 miliardi di euro. Giovedì l’Anci nazionale, guidata da Piero Fassino, ha riunito a Roma la Direzione decidendo di chiedere al Governo l’allentamento del Patto.
“Se ne discuteva da tempo – fa sapere Pier Sandro Scano, numero uno di Anci Sardegna e presente alla riunione della Capitale -. Adesso la richiesta è diventata ufficiale, attendiamo l’apertura della concertazione”. E non sarà l’unica, quella sul Patto. L’Anci, parallelamente, ha sollecitato lo sblocco degli avanzi di amministrazione e sono – in tutta Italia – altri 5 miliardi di euro che gli enti locali, dal ’97, non hanno potuto spendere.
“Ovvio – prosegue Scano – che i 500 milioni fermi in Sardegna per via del Psc, aiuterebbero a rilanciare l’economia. Si tradurrebbero in investimenti pubblici, il che vuol dire appalti e nuova occupazione. Quindi ripresa dei consumi”.
Nell’Isola, tra i Comuni più penalizzati svetta Cagliari, dove l’amministrazione avrebbe a disposizione 250 milioni da mettere a correre subito. Cinquanta, invece, sono i milioni che Olbia ha accumulato e il sindaco Gianni Giovannelli dice: “Bisogna ricordare che con la nuova normativa sui bilanci si è passati dalla gestione di cassa a quella di competenza. Questo comporterà la riduzione dei residui accumulati col patto di stabilità, ma per un altro verso diminuirà ulteriormente anche la spesa possibile, visto che sul gettito fiscale non conterà più l’accertato, ma quanto effettivamente entra in cassa”.
A livello regionale, tuttavia, non è mai stato fatto un censimento sulla liquidità pubblica bloccata dal Psc. E invece la si potrebbe inserire nella vertenza Insularità che la giunta di Francesco Pigliaru ha aperto con l’Esecutivo nazionale.
A Roma, la scorsa settimana, Fassino non l’ha mandata a dire nemmeno su Imu e Tasi, ovvero le due tasse comunali che Renzi vuole cancellare dal 2016. Scano sottolinea: “È evidente che le due imposte sono un risparmio per le famiglie. Ma l’alleggerimento della pressione fiscale non si dovrà tradurre in mancato gettito per gli enti locali. L’Anci ha chiesto al Governo la compensazione alla pari su Imu e Tasi: gli italiani non pagheranno 5 miliardi, ma quei soldi dovranno entrare comunque nelle casse degli Comuni”.
Emiliano Deiana, sindaco di Bortigiadas, il primo tra le fasce tricolori a rilanciare su Facebook le rivendicazioni dell’Anci, osserva: “Nel nostro Comune, dove la Tasi è già cancellata, la decisione del Governo sarà solo una beffa. Da Roma non ci restituiranno alcunché, eppure per alleggerire la pressione fiscale ai cittadini abbiamo dovuto rinunciare a fare altri investimenti”.
Quanto agli avanzi di amministrazione, Umberto Oppus, direttore di Anci Sardegna, porta il caso di Mandas, di cui è stato sindaco per dieci anni. “A fronte di un bilancio da poco più di tre milioni, ci sono quasi 500mila euro non spendibili. Stiamo parlando di un sesto del totale, una cifra enorme che, se utilizzata, avrebbe immediate ricadute in termine di occupazione e conseguentemente di consumi”.
In Sardegna solo la Regione non deve rispettare i vincoli di spesa, dopo l’accordo dello scorso luglio che ha imposto alla Sardegna il rispetto del solo pareggio di bilancio.
Alessandra Carta
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