Un nuovo vaporodotto per Eurallumina. Gli ambientalisti: “Inquinamento sicuro”

Gli ambientalisti del Grig (Gruppo di intervento giuridico) bocciano il nuovo vaporodotto, collegato alla centrale Enel, che Eurallumina sta per realizzare a Portovesme. Un iter arrivato alle battute finali “con la valutazione di impatto ambientale che sta per ottenere il parere positivo”, annuncia l’associazione guidata da Stefano Deliperi. Il tutto accompagnato dal sostegno pubblico: “L’opera – precisano ancora dal Grig – ha ottenuto dal ministero per lo Sviluppo economico un contributo complessivo di 83 milioni di euro, di cui fino a 16 a fondo perduto, a fronte di un investimento complessivo previsto di circa 160 milioni di euro (accordo 2 marzo 2018)”. Per gli ambientalisti è solo “altro inquinamento” che sta per abbattersi sul Sulcis, “quando invece basterebbe puntare sul riciclo dell’alluminio per salvaguardare i posti di lavoro e nello stesso tempo ridurre infinitamente i consumi energetici e soprattutto l’impatto ambientale e sanitario”.

Il vaporodotto di Eurallumina è “la terza variante che lo stabilimento di Portovesme ottiene dal 2015”, ricordano dal Grig. E questo malgrado il Gruppo di intervento giuridico fin dal maggio 2016 “ha formalizzato una proposta alternativa colpevolmente snobbata da amministrazioni pubbliche, aziende, sindacati. Invece andrebbe quantomeno verificata concretamente la possibilità di trasformare il polo del Sulcis. L’alluminio – continua la nota firmata da Deliperi – è infatti riutilizzabile all’infinito. L’Italia, dopo Stati Uniti e Giappone, è il terzo Paese al mondo per la produzione di quello riciclato. Solo il 10 per cento della materia prima oggi commercializzata è di nuova fattura; il restante 90 per cento è appunto ottenuto dal recupero della materia prima riciclata e viene impiegato nell’industria automobilistica, nell’edilizia, nel confezionamento dei casalinghi e per nuovi imballaggi”.

Stando sempre ai numeri diffusi dal Grig, per fondere l’alluminio riciclato e dar vita alle nuovbe placche che vengono poi modellate si impiega il 95 per cento di energia in meno rispetto a quella necessaria per ricavare nuova materia prima. Significa ridurre drasticamente le emissioni di Co2. Il Grig ha ricavato i dati dall’indagine Cial, il Consorzio imballaggi alluminio a cui fanno riferimento le dodici fonderie che in Italia si occupano oggi di riciclarlo, sommano 1.600 lavoratori e fatturato da 1,87 miliardi. Ecco i numeri nel dettaglio: nel 2016 sono finite sul mercato italiano 66.500 tonnellate di alluminio, di cui 48.700, pari al 73,2 per cento, derivante da materiale recuperato e riutilizzato. In questo modo sono state evitate emissioni inquinanti di Co2 per un totale di 369mila tonnellate e un risparmio di energia stimato in oltre 159mila tonnellate di petrolio.

“Se la Sardegna – conclude Deliperi a nome del Grig – abbandonasse una volta per tutte gli incubi industriali da obsoleto kombinat sovietico, ne avremmo vantaggi ambientali, sanitari ed energetici per tutti. Compresi quei 200 operai che da dieci anni battono i caschetti per terra, i quali potrebbero tornare finalmente a lavorare senza avvelenare i propri figli. Di altri scempi ambientali non se ne sente proprio il bisogno. Eppure nessuna risposta è arrivata alle proposte alternativa sul riciclo dell’alluminio. Nemmeno da parte di quel Movimento 5 Stelle che alle ultime elezioni politiche (2018) ha sbancato il Sulcis-Iglesiente e Portoscuso in particolare col 44,68 per cento dei voti. È un silenzio che consegna bambini e adulti a un nuovo bombardamento di inquinamento”.

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