Sblocca Italia, Migaleddu: “Scacco all’ambiente ma la giunta dorme”

Tempo scaduto, contro lo Sblocca Italia non è più possibile presentare ricorso alla Consulta. E nell’isola infuria la polemica, anche perché la mancata impugnazione della legge 164/2014 da parte della regione ha il sapore di una decisione politica. “Non è quella la strada per difendere l’autonomia” ha precisato a più riprese l’assessore all’Ambiente Donatella Spano. Ma c’è chi scommette che “tra qualche anno ci si troverà a fare la conta dei danni causati dalle politiche varate dal governo Renzi”, assicura il presidente dell’associazione Isde-Medici per l’ambiente Vincenzo Migaleddu. E non si tratta solo del mancato ricorso contro lo Sblocca Italia, per Migaleddu il problema è più ampio. “Se consideriamo anche i decreti ‘Destinazione Italia’ e ‘Ambiente protetto’, ci rendiamo conto che il governo ha messo sotto scacco l’ambiente e la stessa autonomia in tre mosse”.

“Se è vero che all’interno dello Sblocca Italia è stato inserito last minute l’articolo 43 bis, quello secondo cui le misure del decreto sono applicabili alle regioni autonome compatibilmente con i loro statuti, cosa ha fatto la Regione quando sono stati approvati i primi due decreti? Nella migliore delle ipotesi, dormiva”, attacca Migaleddu. “Con quelle norme – aggiunge il medico radiologo – lo Stato ha assunto il ruolo di guida e di coordinamento per lo sviluppo del settore geotermico; incentivato la produzione di macchine da perforazione, taglio e trivellazione, essiccatoi, inceneritori, scaricatori di ceneri e cavi elettrici; stabilito procedure tanto semplificate da rendere del tutto inefficaci le operazioni di bonifica; innalzato le soglie inquinanti per raffinerie, acciaierie e ogni sorta di grande impianto industriale”.

Già da tempo, in altre parole, il futuro avrebbe smesso di sorridere ai territori e alla salute dei suoi abitanti. “E non potrebbe essere diversamente – continua il presidente dei Medici per l’ambiente – visto che, tanto per fare un esempio, impianti geotermici di poche decine di MWe di potenza richiedono un consumo di territorio di decine di miglia di ettari e danno luogo a possibili inquinamenti di falde acquifere e ad emissioni di radon, idrogeno solforato e metalli venefici”.

“Diversamente dalla giunta, sono stati attivi i tanti comuni sardi che hanno chiesto alla giunta Pigliaru di impugnare il trittico di decreti partorito da governo e parlamento nell’ultimo anno. Richieste cadute nel vuoto politico o, in alcuni casi, voci messe a tacere”, punge Migaleddu.

Insomma, il quadro non sembra essere dei migliori. In primis perché non è affatto detto che l’articolo 43 bis riesca ad arginare gli appetiti delle tante lobby che tirano per la giacchetta politici e funzionari. Diverse sentenze della Corte costituzionale stabiliscono che quando c’è di mezzo l’interesse nazionale, non ci sono statuti che tengano. Ma la giurisprudenza sul tema è controversa.

“Più che di sonno della giunta, bisognerebbe forse parlare di classe politica ossequiosa con un modello di sviluppo deciso fuori dalla Sardegna. Prova ne è la determina con cui il commissario della provincia di Carbonia Iglesias Roberto Neroni ha dato il via libera all’arrivo di circa ventimila tonnellate di fumi d’acciaieria dalla Francia e dall’Inghilterra presso gli stabilimenti della Portovesme srl”. Si tratta di un ingente carico di rifiuti tossici che ha ricevuto il nulla osta a pochi giorni di distanza dalla condanna degli imputati al processo sul traffico illecito di rifiuti pericolosi provenienti proprio dagli stabilimenti Glencore di Portovesme. “In effetti – attacca Migaleddu – l’autonomia non si difende solo con ricorsi formali alla Corte costituzionale, è anche una questione di sostanza e buon gusto. Non sarà questo un anticipo dell’arrivo delle scorie nucleari nell’isola?”.

Piero Loi

 

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