Saras, ecco perché le istituzioni tacciono

Il caso dell’azienda agricola confinante con la Saras di Sarroch che chiede i danni per l’inquinamento del terreno, appare un caso unico solo perché nell’Isola è diffuso un atteggiamento, timido quasi omertoso, verso l’azienda di Moratti. Nelle istituzioni di ogni colore politico e tra i cittadini. Lo afferma – commentando l’inchiesta di Sardinia Post – Vincenzo Migaleddu dell’Isde (International Society Doctor for Environment),  l’Associazione dei medici per l’ambiente, uno tra i massimi esperti della materia.

Dottor Migaleddu, Un imprenditore agricolo ha chiesto alla Saras un risarcimento da due milioni e mezzo di euro sostenendo che la chiusura della sua azienda è stata causata dall’inquinamento del terreno. Come valuta questo caso?

“È un chiaro esempio di esternalità non riconosciuta. Per ‘esternalità’ si intende ciò che è fuori, all’esterno, di una determinata industria: il territorio e la popolazione”.

Nel caso di cui stiamo parlando, un’azienda agricola ‘fuori’ dalla Saras che però ne respira i fumi…

“Sì. Sono situazioni note e studiate. La Commissione Europea è anni che chiede che vengano calcolati in termini monetari i costi sanitari e i costi economici che un’industria impattante dal punto di vista ambientale e sanitario determina sulle popolazioni e sulle altre attività economiche, o sui beni presenti nel territorio dov’ è collocata. A tale proposito vale la pena ricordare che nell’ultimo report dell’Agenzia europea per l’ambiente, su 2000 impianti industriali europei esaminati, 191 determinano il 50% dell’impatto sanitario complessivo in ambito comunitario”.

Ci sono industrie sarde in questa classifica?

“Certo: si trovano in Sardegna ben tre di questi 191 impianti. E la ‘Saras raffinerie Spa’ è al 69° posto nella classifica assoluta e al primo nell’Isola. Seguono, all’87° posto, la ‘Centrale Termoelettrica’ di Fiume Santo e al 186° posto l’‘Enel Produzione Centrale Sulcis’”.

La Commissione europea parla di costi sanitari ed economici…

“E dovremmo aggiungere i costi derivanti dai danni procurati al settore agricolo e all’usura dei beni immobiliari. Io aggiungo anche quei costi relativi alla ‘inibizione’ dello sviluppo di altre attività”: oltre al settore agro-alimentare, anche il turismo, dunque, in questo caso costiero”.

Quali sono i limiti imposti dalla legge per l’ambiente e la salute delle persone?

“I limiti di legge spesso sono in ritardo rispetto alle evidenze scientifiche. Se esaminiamo, per esempio, il particolato presente nell’emissioni (il PM: particelle di varie dimensione, a prescindere dalle loro caratteristiche chimiche),  la scienza ha evidenziato il ruolo determinante per l’impatto sanitario del particolato ultrafine, e del nanoparticolato, cioè di tutto ciò che è inferiore ai 1 micron- micron è uguale ad un milionesimo di metro – e rappresenta l’80% delle emissioni, mentre la legge è ferma a limiti superiori.

In pratica la legge non è al passo con le nuove scoperte. Ma ugualmente non è applicata…

“Spesso è così. Le normative europee e statali attualmente fanno riferimento solo al PM 2,5 (PM inferiore ai 2,5 micron)”. Ma, nonostante la normativa in vigore (precisamente la Direttiva EU 1999/30/EC, il D.M. 60/2002 e da ultimo e la Direttiva EU 2008/50/CE e D.Lgs155/2010) imponga appunto il monitoraggio del PM 2,5, la nostra rete di monitoraggio dell’aria non si è ancora adeguata a tale misurazione, se non per alcune centraline per lo più mobili”.

Quali sono i sistemi di rilevamento idonei ad accertare il superamento o meno di questa soglia?

“Le centraline per l’aria, e le analisi chimiche per lo più con lo spettrometro di massa per lo studio di altre matrici quali terra, acqua e alimenti”.

Lei sa che sul caso della gestione Moratti a Sarroch sono stati girati due film documentari dal titolo ‘OIL’?

“Certo. Conosco personalmente l’autore di questi lavori, il regista Massimiliano Mazzotta, e ne ammiro il coraggio, la preparazione ed il talento. Numerose volte ho partecipato alla presentazione delle sue opere”.

Sorprende che l’attività più intensa di sensibilizzazione e denuncia su un tema del genere sia stata svolta  da un giovane regista e non dalle autorità…

“Purtroppo le istituzioni mostrano, a prescinde dal colore politico di chi governa, un atteggiamento timoroso se non ‘omertoso’ quando si parla di Saras. Ma, sia chiaro, non credo che questo sia determinato da fenomeni di collusione, o ancor peggio di corruzione…”

Da cosa, allora?

“Voglio pensare che tutto dipenda dalla ‘sudditanza psicologica’ che spesso i sardi hanno nei confronti dei ‘potenti’ o presunti tali, che vengono da fuori. Pensi che sul PEARS (Piano energetico regionale), adottato dalla giunta Soru nel 2008/9 e fatto proprio dalla giunta Capellacci: la ‘Sarlux’ (azienda del gruppo Saras, produttrice di energia elettrica, attraverso la combustione di un residuo della lavorazione del petrolio per la produzione dei carburanti, chiamato TAR), non viene nemmeno citata. Eppure è proprio la Sarlux l’operatore dominante per due terzi, dell’intero sistema di produzione energetico regionale, con priorità di dispacciamento, senza obbligo di regolazione. Tra le altre cose gode anche dei famigerati incentivi CIP6, che si ripercuotono direttamente sulla nostra bolletta elettrica. Questo lo si impara vedendo il documentario ‘OIL’ 2 di Mazzotta. Invito i lettori ad una attenta visione dei documentari di Mazzotta. C’è davvero molto da imparare”.
Davide Fara

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