“La prossima campagna elettorale non può non tener conto di quanto sta accadendo e dei processi involutivi in atto, di cui leggiamo tutti i giorni sulla stampa con numeri da malato cronico e che non possono lasciare indifferenti”. L’appello arriva da Confindustria Sardegna che chiede ai candidati delle varie forze politiche di affrontare in modo deciso il nodo di una economia che non sta bene. “I divari tra territori si allargano e stiamo assistendo a una progressiva desertificazione produttiva e demografica che richiede consapevolezza e interventi immediati”, si legge nella nota.
Il Pil regionale fermo nel 2023 allo 0,2 per cento (a fronte di un più 0,7 per cento Italia, più 0,8 centro Nord e più 0,4 Mezzogiorno) conferma una fotografia impietosa dello stato di salute dell’Isola, che risulta ultima in Italia. “Un dato che è da allarme rosso, soprattutto se unito a quelli sull’emigrazione giovanile e sullo spopolamento di intensità doppia nelle aree interne – prosegue Confindustria -. È evidente che tali dinamiche sono fortemente legate alla bassa crescita e al calo demografico registrati nelle aree interne che mettono il freno all’intera regione. Come diciamo da tempo, il futuro della Sardegna dipende dalla capacità di crescita di tutti i territori. Nessuno deve rimanere indietro. Questi temi meritano la massima attenzione e la situazione è talmente delicata che serve responsabilità, soprattutto da parte dei partiti politici chiamati a scegliere sia i candidati per il nuovo Consiglio regionale sia coloro che andranno a ricoprire incarichi pubblici. Ora più che mai servono competenza, autorevolezza e serietà. Le imprese non chiedono programmi faraonici destinati a restare lettera morta quanto piuttosto che siano ascoltate le loro esigenze, che siano individuate le priorità e soprattutto che si faccia capire come si intendono affrontare i principali nodi strutturali.
Anche alla luce dei numeri ben descritti nell’ultimo rapporto Svimez, il tema della coesione economica e sociale è per Confidustria la priorità delle priorità, così come ancora oggi la questione del Mezzogiorno è una questione nazionale irrisolta che blocca la crescita di tutto il Paese. “Servono politiche di lungo respiro e investimenti – spiegano gli industriali – che facciano ripartire le aree meno competitive come la Sardegna centrale. Le risorse ci sono, come dimostra peraltro l’avanzo di quasi 3 miliardi di euro registrato nel 2022 nelle casse della nostra Regione a statuto speciale. In un momento in cui si discute di autonomia differenziata, è forse arrivato il momento di far valere la nostra specialità, in virtù della quale la Regione trattiene a sé la gran parte del gettito fiscale di cittadini e imprese, per adottare politiche di redistribuzione e solidarietà a sostegno dei territori maggiormente penalizzati da debolezze strutturali ben note. Perché non valorizzare la nostra autonomia per ripensare una fiscalità che vada incontro alle imprese che investono nella Sardegna centrale sostenendo con esenzioni e agevolazioni fiscali – come previsto dal nostro Statuto – quelle imprese che decidono di investire e creare ricchezza nelle aree più penalizzate?”.