Protesta autotrasportatori, allarme di industriali e imprenditori: “Rimuovere i blocchi ai porti”

“Una protesta comprensibile nelle motivazioni, ma inaccettabile e da contrastare con fermezza nelle sue modalità”. Confindustria Sardegna denuncia “la gravissima situazione connessa ai presidi di autotrasportatori che nei principali hub portuali della Sardegna precludono di fatto l’imbarco e lo sbarco delle merci”. Ma gli industriali non sono gli unici a solidarizzare con i trasportatori eppure stigmatizzare le modalità dello sciopero. Anche il Consorzio di tutela del Pecorino Romano Dop lancia un allarme-appello sulla difficile situazione che la Sardegna sta vivendo a causa dell’unico sciopero degli autotrasportatori che viene portato avanti in Italia.

Confindustria ha inviato stamane una nota urgente ai Prefetti, alla Regione, al presidente dell’Autorità portuale, ai segretari sindacali regionali Cgil, Cisl e Uil “per rappresentare la gravissima situazione connessa ai presidi di autotrasportatori che nei principali hub portuali della Sardegna precludono di fatto l’imbarco e lo sbarco delle merci”.

L’associazione esprime forte preoccupazione per il pericolo concreto che, “già dalle prossime ore, persistendo comportamenti che impediscono alla Sardegna, unica Regione italiana in queste condizioni, l’approvvigionamento di materie prime e l’inoltro di prodotti finiti – scrive l’associazione di categoria – centinaia di realtà e filiere manifatturiere e industriali dell’Isola, di tutti i comparti economici, dall’agroalimentare al meccanico, dal lapideo al chimico, dalle costruzioni al sugheriero, saranno costrette al blocco dell’attività”.

“Danni economici irreparabili”

A tutto ciò si aggiungono, secondo gli industriali, i danni economici irreparabili delle attività produttive che già scontano, oltre alle note diseconomie strutturali dell’isola e dopo gli effetti della pandemia, gli incrementi dei costi delle materie prime, dell’energia e della mancata continuità territoriale marittima, per non citare degli incerti scenari di guerra. Sarebbe così inevitabile ed immediata la sospensione o la fortissima contrazione delle attività produttive sarde con la necessità conseguente di porre in campo dolorosissime misure di cassa integrazione, preludio probabilmente a soluzioni ancora più drastiche per perdita ulteriore di competitività e di quote di mercato difficilmente recuperabili.

Auspicando comunque la definizione del confronto tra il governo nazionale e le legittime rappresentanze dell’autotrasporto, Confindustria Sardegna chiede alle istituzioni di adottare misure, come non autorizzare i presidi nei porti fino alla salvaguardia dei corridoi di imbarco e sbarco. Ciò per riportare la Sardegna, le sue imprese ed i suoi lavoratori nella condizione di operare, almeno alla pari delle altre regioni italiano, restituendo piena ed effettiva funzionalità agli hub portuali, che hanno già visto e rischiano di vedere annullate da parte dei vettori le tratte di collegamento marittimo e la saturazione delle aree disponibili per la sosta dei mezzi bloccati nei porti sardi.

Pecorino Romano dop

“Grande solidarietà agli autotrasportatori sardi, colpiti da rincari diventati ormai insostenibili e che danneggiano anche il nostro comparto. Ma se continua così, c’è il forte rischio che si debba bloccare la produzione dei prodotti freschi e che dunque il latte non possa più essere ritirato, con danno enorme anche per i pastori che a quel punto potrebbero essere addirittura costretti a buttarlo”, è anche la posizione di Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela. “Serve una soluzione urgente per evitare che l’intero comparto subisca conseguenze pesantissime, ma intanto chiediamo agli autotrasportatori di garantire immediatamente almeno il trasporto delle merci deperibili in uscita dalla Sardegna e di tutti gli approvvigionamenti necessari alla vita del comparto, dai mangimi al carburante”, sottolinea Maoddi.

“E’ assolutamente necessario e urgente che Governo e Regione trovino una soluzione immediata. Tonnellate di nostri prodotti freschi sono stati bloccati e sono già da buttare, e presto a subire la conseguenza di tutto questo saranno i pastori, perché per non produrre saremo costretti a non ritirare il latte. Dopo la pandemia e con la guerra in corso, non possiamo rischiare che accada e che si infligga così un altro duro colpo al comparto e all’intera economia dell’isola”, conclude.

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