Non sono espresse del tutto le potenzialità della filiera della pesca in acque interne della Sardegna, dove ha particolare. E il comparto è pronto a una mobilitazione generale programmata per giovedì 19 dicembre a Cagliari, in viale Trento.
La richiesta è di lavori di manutenzione straordinaria degli stagni sardi, previsti ormai da più di tre anni (art. 13, comma 47 della L.R. 27/10/2021) con uno stanziamento complessivo di 6 milioni di euro e mai partiti, per richiedere regole certe e chiare in relazione ai monitoraggi della fauna selvatica e alle modalità di compensazione dei danni che queste arrecano alle produzioni ittiche, per stabilire norme più eque relativamente alla pesca dell’anguilla, per aprire un tavolo tecnico di discussione che veda i pescatori protagonisti del loro futuro.
Nella nota firmata da Giovanni Angelo Loi per Agci Agrital, Renato Murgia per l’associazione Armatori e per Confcooperative Fedagripesca e da Mauro Steri per Legacoop Settore Pesca e Acquacoltura.
Nell’isola vengono gestiti 24 compendi ittici da 20 imprese cooperative, nella quasi totalità dei casi in concessione dall’Assessorato all’Agricoltura e riforma agro-pastorale della Regione Sardegna. Le lagune ai fini produttivi contano su un’estensione di circa 10mila ettari, con particolare rilevanza al territorio dell’Oristanese dove vengono gestiti circa 5.600, il Cagliaritano con oltre 1.800 e il Sulcis con quasi 1.300 ha complessivi, ma con importanti esperienze riscontrabili anche in Ogliastra-Sarrabus-Gerrei (682), in Gallura-Baronia (quasi
400) e nella Sardegna Nord Occidentale (289 ), dando lavoro a circa mille addetti diretti.
“Gli ambienti lagunari della Sardegna sono ambienti estremamente fragili da un punto di vista ambientale, e risultano ormai di estrema urgenza attività di manutenzione idraulica straordinaria inerenti tutte le lagune, le quali soffrono di una serie di problematiche legate alla mancanza ormai pluriennale di interventi di questa natura – si legge nel documento – . Tale mancanza mette a rischio sia la produttività che l’equilibrio ecologico degli ambienti in oggetto: basti pensare alla ridotta circolazione delle acque dovuta ad interramento dei canali a mare, alla proliferazione di specie invasive o alloctone come la mercierella, il giacinto d’acqua, la noce di mare e il granchio blu, al mutato paesaggio di questi ambienti rispetto al passato,
all’eccessivo riscaldamento delle acque. A ciò vanno sommati eventi alluvionali non più classificabili come eccezionali, che minano periodicamente il già labile equilibrio dei sistemi idrici lagunari, immettendo improvvisamente negli stagni una grande quantità d’acqua dolce e di sedimenti alluvionali”.
Ci sono poi i danni da fauna selvatica alle produzioni ittiche: “Occorre stabilizzare il quadro normativo di riferimento facendo ricorso a una Legge che definisca regole certe per censire in maniera più corretta la presenza delle popolazioni di cormorani in Sardegna e per compensare i reali danni subiti dalle Imprese. Infatti, l’annoso problema dei danni causati dai cormorani nelle lagune della Sardegna, in un quadro normativo incerto come quello attuale, impone periodicamente ai gestori dei Compendi Ittici e alle proprie Associazioni di tutela e rappresentanza di richiedere l’attivazione di tavoli di confronto con gli Assessorati competenti senza avere certezza del futuro e di conseguenza attivare quella programmazione aziendale necessaria per rendere le Imprese competitive nei mercati”. Focus sui cormorani, i cui danni “hanno infatti raggiunto ormai da tempo proporzioni insopportabili, tali da mettere fortemente a repentaglio la stessa sostenibilità delle imprese coinvolte, vanificando e scoraggiando le possibilità di sviluppo e di investimenti futuri”
Altra problematica rilevante riguarda la pesca dell’anguilla: per la quale servono piani di estione e commercializzazione: “La gestione di una risorsa condivisa come quella dell’anguilla, che per la sua natura viene considerata come un unico stock europeo ripartito nei corpi idrici degli Stati membri, non può che essere frutto di un notevole lavoro di concertazione che impone misure gestionali a lungo termine che tengano conto delle specificità di ogni singolo Stato membro e che, allo stesso tempo, si inseriscano in un contesto unitario e coerente di azioni a livello Comunitario”.
“Appaiono iniqui gli obblighi derivanti dalla normativa Regionale, che impongono la modifica delle griglie di cattura e che consentono l’utilizzo dei bertovelli esclusivamente nei periodi consentiti alla pesca dell’anguilla, senza tener conto che con tale attrezzo possono essere catturate ulteriori specie bersaglio di valore commerciale – prosegue la nota -. Giova, inoltre, ricordare che ad oggi l’attuazione del Piano di Gestione delle anguille in Sardegna, in termini di limitazioni, è a totale carico degli operatori primari e che, nonostante dovessero essere attivate a partire dal 2018, ad oggi non risultano in essere nei Compendi del territorio Regionale né le attività di formazione teorica e pratica sulla pesca delle ceche né le conseguenti azioni di ripopolamento attivo nelle lagune, queste ultime previste sin dal Piano Regionale del 2009”.