Pecorino romano, Copagri Sardegna: “Bene modifiche al disciplinare su fermenti, restano perplessità”

All’indomani dell’assemblea del Consorzio di Tutela del Formaggio del Pecorino romano, interviene il presidente della Copagri Sardegna Giuseppe Patteri.  “Se da una parte sono certamente positive le modifiche apportate al disciplinare di produzione del Pecorino Romano relative all’uso di fermenti autoctoni certificati e soprattutto all’approvvigionamento alimentare degli animali, che dovrà provenire per almeno il 50 per cento dall’areale produttivo – afferma, dall’altro lato, lasciano perplessi diverse altre decisioni assunte”.

Precisa di non avere nulla in contrario al fatto che il latte ottenuto da razze diverse da quella sarda possa essere destinato a produzioni non DOP ma aggiunge: “La mancata scelta di vincolare la produzione del latte alle sole razze autoctone presenti nella zona produttiva, ovvero Sardegna, Lazio e provincia di Grosseto, non tiene conto di alcuni fattori decisamente rilevanti, sia in termini di autenticità e distinguibilità della DOP che in relazione alla strategia di mercato e alla collocazione in esso del Pecorino Romano”.

E prosegue: “Non bisogna mai dimenticare, infatti, i grandi risultati raggiunti nel recente passato, direttamente collegati alla scelta di puntare tutto sulla qualità e sulla diversificazione del prodotto, con le quotazioni del Pecorino romano passate dai 6,35 euro al kg del 2019 ai 13,59 euro al kg del 2023, valore oggi attestatosi su cifre leggermente inferiori”, continua il presidente, ad avviso del quale “bisogna insistere sull’innalzamento del livello qualitativo, così da raggiungere standard sempre più elevati”.

Punta ad assecondare il consumatore, “che sempre più spesso chiede genuinità e identitarietà di un prodotto, tenendo sempre in debita considerazione l’importanza della sostenibilità ambientale e della tutela della biodiversità, con il fine ultimo di andare a premiare la qualità, da intendersi in termini di Cla e aminoacidi essenziali, piuttosto che la quantità”.

“La decisione di privilegiare incrementi quantitativi, al contrario, puntando quindi sul passaggio dall’allevamento brado a quello intensivo, rischia di inflazionare significativamente il mercato del latte – conclude -, oltre a incidere negativamente sulla valenza socioculturale del Pecorino Romano, indissolubilmente legata alla storia secolare della pastorizia sarda”.

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