“A Oristano una centrale a biomasse travestita da termodinamico”

Il progetto della San Quirico Solar Power, società bolzanina che vorrebbe costruire una mega-centrale solare su un’area di 55 ettari alle porte di Oristano, non piace ai comuni di Siamanna e Palmas-Arborea. Le ragioni del no sono elencate, nero su bianco, in un dossier (leggi) redatto assieme al presidente di Isde-Medici per l’ambiente – Sardegna Vincenzo Migaleddu. Delle quarantotto pagine, a colpire è soprattutto “la sovrastima del potere calorifero della biomassa con cui la società intende alimentare la centrale da 10,5 Mw termici associata agli specchi parabolici”. “In questo modo si sottostimano sia la quantità di biomassa necessaria sia gli effetti sulla salute delle emissioni di polveri sottili, ultrasottili, furani, benzene e idrocarburi policiclici aromatici, diossine, tutte sostanze altamente cancerogene come stabilito dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc)”, spiega Migaleddu.

E aggiunge: “Discutibili anche i valori della radiazione solare nell’area in cui dovrebbe sorgere l’impianto indicati dalla società, sono così bassi che l’apporto della caldaia a biomassa alla produzione di energia sarà ben superiore al 15% previsto dal progetto”. Insomma, ce n’è abbastanza per dire che “si tratta di una centrale a biomassa travestita da impianto termodinamico”. Ma non si può nemmeno escludere che l’impianto a biomassa nasconda un inceneritore per rifiuti solidi urbani, vista la scelta del proponente di dotare la caldaia di una tecnologia a griglia mobile. E una legislazione compiacente come quella italiana, secondo cui questo tipo di impianti possono essere adibiti a inceneritori per rifiuti, anche di provenienza extra regionale.

Sta di fatto che la presa di posizione dei due comuni dell’oristanese suona come una dichiarazione di guerra alla giunta del sindaco di Oristano Guido Tendas, che lo scorso dicembre ha stipulato una convenzione con la società bolzanina. L’accusa è di “approccio superficiale all’analisi del progetto”. Di questo avviso anche una gran fetta della popolazione di Oristano e provincia, che a più riprese ha manifestato la propria contrarietà alla centrale. E il consiglio comunale del capoluogo, che con una delibera ha impegnato il sindaco a fare marcia indietro, annullando la convenzione firmata a dicembre.

Insomma, a San Quirico – la frazione di Oristano in cui dovrebbe sorgere la nuova centrale – s’incrociano le spade. Ma le stilettate non finiscono qui, visto che i due piccoli comuni chiamano in causa anche la giunta regionale, “che certo non brilla in fatto di programmazione energetica, visti i ritardi sulla redazione di un Piano Energetico Regionale che sappia frenare gli interessi speculativi che caratterizzano la produzione da fonti fossili e rinnovabili”. “Tutto pagato in bolletta degli utenti sardi”, aggiungono le due amministrazioni comunali. “Al contrario l’attuale giunta Regionale sembra avere adottato in maniera acritica il Pears (il Piano energetico ambientale) della giunta precedente che prevedeva potenza installata ed energia prodotta sempre notevolmente superiori ai consumi previsti. Ma così si consolida anche negli anni a venire il ruolo della Sardegna come piattaforma energetica per attività produttive localizzate fuori dall’isola”, si legge nel documento.

Ritornando alle osservazioni di tipo progettuale già depositate sulla scrivania di Gianluca Cocco, responsabile del Servizio della sostenibilità ambientale, valutazione impatti e sistemi ambientali (S.a.v.i) della Regione, il piano Quirico Solar Power sembra far acqua da tutte le parti. Ci sono i rischi connessi allo sversamento dei nitrati impiegati nel ciclo di produzione dell’energia come termovettori che potrebbero verificarsi in caso di rottura dei circuiti. “Con la contaminazione del suolo, delle falde acquifere e, in definitiva, dell’acqua da bere, secondo l’Agenzia americana per l’ambiente (Epa) e lo Iarc, possono sopraggiungere ritardi nella crescita intrauterina e malformazioni cardiache”, si legge nel documento.

Tirando le somme, “la scarsa conoscenza da parte del proponente dei problemi sanitari indotti dai sali dovrebbe portare alla sospensione di qualsiasi atto autorizzativo”, precisano i due comuni. Ma i problemi non finiscono qui. “Pur prevedendo che le ceneri in base alle analisi possano risultare rifiuti speciali pericolosi – continua il documento – , non viene indicata la modalità e la discarica di riferimento per il loro smaltimento in sicurezza”. Ecco dunque un’altra ragione per la bocciatura. Per non parlare, poi, del consumo del suolo (55 ettari la superficie complessiva occupata) e dell’acqua, di cui “il proponente sottostima l’utilizzo di circa il 50%” Ma pur considerando valide le quantità indicate dal progetto, si è in presenza di un consumo che rappresenta un elemento di forte competizione per le colture agricole di riso e granturco presenti nell’area.

C’è poi la questione export, dato che i megawatt generati non andrebbero ad alimentare la rete sarda. “Il progetto fa infatti esplicito riferimento all’interconnessione della rete regionale con quella della Penisola attraverso il cavo Sapei e il Sacoi. “È allora evidente come il proponente sia più interessato alla possibilità di esportare energia che agli eventuali aspetti di regolazione della tensione a vantaggio della stabilizzazione della rete dell’Isola, che oltretutto già esporta il 43% dell’energia prodotta. Anzi, il fatto che l’impianto sia in grado di accumulare l’energia e rilasciarla in caso di cali di tensione della rete, induce a pensare che, oltre alle tariffe incentivate per la produzione di energia da fonti rinnovabili, la società sia in lizza per ottenere anche il regime agevolato della priorità di dispacciamento ovvero di un incentivo che grava sulle tasche degli utenti del servizio elettrico e di cui la Sardegna interconnessa non avrebbe bisogno, vista la possibilità di importare energia dal continente. Così, l’iter autorizzativo dell’impianto di San Quirico diventa un momento di riflessione sul mercato dell’energia, “dominato da un’operatore dominante cui s’imputa l’elevato costo del Mwh in Sardegna” . Il riferimento – implicito nel documento – è alla Sarlux dei fratelli Moratti, che da sola produce oltre il 30% dell’energia generata sull’isola.

Piero Loi

 

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