Il settore dei metalmeccanici in Sardegna è sempre più in crisi, tanto che ormai gli operai, come accadeva in passato, cercano lavoro in altre regioni o nazioni. C’è chi si dimette per tentare fortuna altrove e chi viene ricollocato dalle stesse aziende in altri territori, sia nell’Isola che fuori.
Per i circa 1.200 metalmeccanici del Sulcis, tra lavoratori di Sider Alloys, Portovesme Srl e della centrale Enel, la situazione resta critica, tra cassa integrazione e mobilità in deroga. Un piccolo spiraglio potrebbe arrivare dal rinnovo contrattuale, motivo per cui domani, in occasione dello sciopero nazionale, i lavoratori aderenti a Fiom Cgil, Fsm Cisl e Uilm Uil si riuniranno a Cagliari per un presidio davanti alla Prefettura, in piazza Palazzo, a partire dalle 9.30.
“Nonostante le 16 ore di sciopero già svolte, Federmeccanica e Assistal continuano a respingere le richieste sindacali votate dai lavoratori, opponendo una controproposta inaccettabile”, denunciano le sigle sindacali.
La crisi nel Sulcis, secondo Roberto Forresu (Fiom Cgil), è il risultato di “una mancanza di politica industriale ventennale, che ha portato il territorio sull’orlo del collasso”. “Nel Sulcis si sta verificando un vero e proprio fuggi fuggi generale – aggiunge – con quasi tutte le aziende che hanno aperto la cassa integrazione, tranne poche realtà legate a Enel. Questo impoverisce ulteriormente il tessuto sociale, causando chiusure di attività e spopolamento”.
Anche Giuseppe Masala (Fsm Cisl) evidenzia la necessità di un intervento concreto: “Le committenti sono tutte in difficoltà e chiediamo da troppo tempo alla politica nazionale di intervenire per creare sviluppo nel territorio, anche in vista della transizione energetica e digitale. Inoltre, ci sono 350 lavoratori in mobilità in deroga che ricevono appena 450 euro al mese e che non vedranno un soldo fino a luglio, a causa dei tempi burocratici per i sussidi”.
A fargli eco Renato Tocco (Uilm Uil), che lancia un appello alla politica: “Il Sulcis sta pagando un prezzo altissimo. È ora di dire basta: chi governa deve assumersi le proprie responsabilità, senza sconti a nessuno. Anche la Regione Sardegna deve uscire allo scoperto e fare la sua parte”.