Marocco, una nuova opportunità anti-crisi per le imprese sarde

Un’opportunità per le imprese sarde è lì, a un passo, dall’altra parte del mare, in Marocco: l‘Iva è al 10 per cento, l’Irpef al 38 (anziché al 46 come in Italia). E soprattutto: se le aziende straniere presentano piani di investimento a medio e lungo termine nelle regioni svantaggiate, il governo concorda ulteriori incentivi fiscali. Sia sull’imposta per il consumo che in quella dei redditi. Di sogno magrebino si parla oggi a Cagliari: appuntamento alle 17,30, al Convento di San Giuseppe, in via Paracelso (Quartiere Europeo).

FARE IMPRESA. Eccola l’internalizzazione del mercato, una sfida a due tra Collegio Aniem delle imprese edili e la Camera di commercio italo-araba. «Non si tratta di delocalizzare – spiega Massimiliano Marcialis  – piuttosto di ampliare il ventaglio degli asset aziendali». Lui, che di professione fa l’avvocato, sta dando il suo contributo alla creazione di questa nuova rete dello sviluppo. «Opportunità di lavoro per le aziende sarde», è il titolo del convegno. Di fatto dall’Isola si studiano nuovi business, con la bussola rivolta al settore agropastorale e alla desalinizzazione delle acque.

I VANTAGGI. In Italia lo spauracchio degli investitori coincide con la burocrazia. In Marocco, a sentire Marcialis, ostacoli amministrativi non ce ne sono. «Si fa tutto in minuti uno», scherza il legale. Zero file e niente code, quando si deve registrare la propria azienda, per esempio. «La Camera di commercio – dice l’avvocato – è organizzata come uno sportello unico e assegna anche la residenza».Quindi: si va lì dopo aver aperto un conto corrente bancario e si fornisce l’indirizzo della attività da avviare, quindi si ottiene il certificato che dà l’ok all’investimento». Ancora: «Tutte le concessioni, comprese quelle edili, si ottengono per silenzio-assenso in sessanta giorni», spiega Marcialis. Ma può succedere che gli uffici rispondano prima. E poi: «In Marocco non esiste l’annullamento degli atti in autotutela, una prerogativa riconosciuta in Italia alla pubblica amministrazione». Vuol dire che sulle autorizzazioni già rilasciate, non ci può essere alcuna marcia indietro.

SALARI BASSI. L’avvocato dice: «Meno burocrazia, più efficienza e certezza del diritto sono i tre mali oscuri che paralizzano il nostro Paese, ma in Marocco funziona diversamente». Marcialis insiste: «Non si tratta di spostare le produzioni nell’Africa magrebina, quanto di cogliere nuove possibilità di crescita». Il costo del lavoro è molto inferiore a quello italiano. Dalle tabelle ministeriali, risulta che «lo stipendio medio mensile di un operaio agricolo varia tra i 40 e i 50 euro (facendo la conversione dal dirham, la moneta ufficiale)». «Un edile porta a casa tra i 50 e i 60 euro, mentre chi lavora in fabbrica ne guadagna 150», fa sapere il legale.

DOVE INVESTIRE. Altro capitolo, le tasse, con aliquote decisamente più ridotte rispetto all’Italia. «Il Governo marocchino – continua Marcialis – ha chiesto e ottenuto un prestito da un miliardo di dollari per modernizzare l’agricoltura e potenziare la desalinizzazione delle acque». Non solo: «L’obiettivo è costruire anche caseifici e mattatoi all’avanguardia». Ovviamente, per le imprese italiane e sarde il vero marchio di importazione sarebbe il know-how, ovvero conoscenze da trasmettere insieme alle abilità operative.

EDILIZIA ABITATIVA. Il business sul mattone ha molto appeal. Non fosse altro che il governo di Casablanca, contestualmente col prestito incassato, ha previsto un piano ventennale per la costruzione di 200mila case popolari, ogni dodici mesi. Le regole sono ferree: «Le abitazioni, tra i sessanta e gli ottanta metri quadrati, vanno vendute a un prezzo massimo di 25mila euro, il costo delle case lo copre lo Stato (in tutto o in parte, a seconda dei redditi familiari)». Infine: le aziende che scommettono sulle regioni svantaggiate hanno diritto alla defiscalizzazione totale, per tutta la durata dell’investimento. Da un minimo di cinque anni a un massimo di quindici. Marcialis non ha dubbi: «L’internazionalizzazione è la nuova frontiere delle imprese italiane, un’àncora di salvezza in tempo di crisi». (al. car.)

 

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