Da oggi, circa settanta lavoratori della Sider Alloys, già da tempo senza stipendio, sono entrati in cassa integrazione a zero ore. La situazione dello stabilimento di Portovesme, acquisito nel 2018 dalla multinazionale svizzera Sider Alloys, continua a essere critica, con l’azienda che fatica a riprendere le attività nonostante gli impegni presi all’epoca dell’acquisto dalla ex Alcoa.
I sindacati si sono espressi con fermezza. “Il Governo e la Regione Sardegna non possono accettare questa decisione, e certamente non la accetteremo né noi né i lavoratori”, ha dichiarato Giuseppe Masala, segretario della Fsm Cisl del Sulcis-Iglesiente.
La decisione di ricorrere nuovamente alla cassa integrazione è stata comunicata ai sindacati dalla stessa Sider Alloys, che ha motivato la scelta con “l’impossibilità temporanea di riprendere a breve le normali attività produttive” all’interno della fabbrica. Tuttavia, per Masala, questo comportamento è inaccettabile, soprattutto alla luce degli impegni presi con l’accordo di programma del 2018, sottoscritto da ministero, Regione Sardegna, Invitalia e la stessa Sider Alloys.
“Nulla di quanto previsto è stato portato avanti per il revamping e il rilancio dell’ex Alcoa”, denuncia il leader sindacale, “e nel frattempo la situazione dei lavoratori è solo peggiorata, con stipendi mancanti e ora la cassa integrazione”. Masala ha inoltre sottolineato che, a distanza di otto anni, Sider Alloys non è in grado di garantire né gli stipendi né l’occupazione attuale, né tantomeno di mettere in atto programmi concreti di sviluppo.
Il segretario della Fsm Cisl ha quindi lanciato un appello al governo affinché intervenga con urgenza. “Il Governo deve garantire interventi concreti per il rilancio, anche bypassando la maggioranza societaria attuale di Sider Alloys”, ha affermato Masala. “È necessario che il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) richiami immediatamente l’azienda. Non si può più perdere tempo né risorse”.