Preoccupazione da parte di politica e sindacati sul futuro dei lavoratori del Porto canale di Cagliari, colpito da una crisi che si è tradotta soprattutto nel calo del traffico, tanto che “la principale compagnia di trasporti navali che rappresenta il più importante operatore di movimentazione container, la tedesca Hapag Lloyd, ha deciso di cancellare alcuni scali al Porto canale di Cagliari”, scrive in una nota il consigliere regionale del Pd Piero Comandini. Inoltre, dal ministero delle Infrastrutture ha bocciato l’idea di costituire un’apposita agenzia del lavoro a causa “dei bassissimi, quasi nulli livelli di traffico registrati nell’ultimo anno. Per il rilancio allora occorre, in prima istanza, dialogare con l’attuale terminalista Contship e valutare e verificare insieme, unendo le forze, le più opportune azioni congiunte per rilanciare le attività di movimentazione dei container. Una delle chiavi vincenti che può essere messa in campo da parte della politica per un forte rilancio, in considerazione del fatto che dal 2003 ad oggi non è stato fatto nessun concreto investimento né pubblico e né privato, sarebbe promuovere azioni per attrarre nuovo traffico – dice l’esponente dem – proponendo una riduzione delle tasse di ancoraggio, non sconti sulle tariffe determinati anno per anno, ma una programmazione pluriennale così da consentire alle compagnie di poter programmare a lungo termine”.
I sindacati intanto promettono battaglia. “Ci sono opportunità di rilancio che devono essere immediatamente valorizzate”, hanno detto il segretario della Camera del Lavoro Cgil Carmelo Farci e la segretaria Filt Massimiliana Tocco chiamando in causa tutti i soggetti che concorrono alla gestione del Porto: Comune, Città metropolitana, Regione e Autorità di sistema portuale del mare di Sardegna. Al ministero dei Trasporti si è discusso del percorso utile a concretizzare l’avvio di un’agenzia del lavoro specifica per il settore portuale così come prevede la legge: “Si tratta di un passaggio importante utile a gestire i picchi e le flessioni fisiologiche nel lavoro portuale, una garanzia a tutela delle attività e dei lavoratori coinvolti”. In base ai diversi periodi dell’anno varia da settecento a mille il numero di lavoratori coinvolti in attività – si legge in una nota del sindacato – che generano indotto e contribuiscono a far crescere l’economia del territorio. “Si tratta di intervenire sui fattori che rappresentano un freno per lo sviluppo del traffico portuale, ad esempio – sostiene la Cgil – puntando sull’ampliamento e sulla diversificazione delle attività, come la lavorazione delle merci e il packaging e sviluppando anche altri segmenti produttivi legati al settore industriale e manifatturiero del territorio”. Secondo il sindacato è necessario investire su attività nuove e specifiche che lo rendano attrattivo e competitivo nel mercato, un ragionamento che non può essere slegato da misure di fiscalità agevolata.