La cantina Su’Entu tra vino e cultura: “Il nostro progetto per rilanciare la Marmilla”

La collina prima era interamente ricoperta di pietre. Un territorio improduttivo e abbandonato nella Marmilla che da tredici anni è tornato alla vita grazie alla creazione della cantina Su’Entu: 50 ettari di cui 32 vitati. Laddove il terreno era povero e la biodiversità drammaticamente limitata, dopo le bonifiche e l’impianto dei vitigni la zona è rinata: è aumentato il numero delle erbe spontanee e anche gli animali hanno riniziato a popolare quei luoghi. Una rinascita non solo ambientale: la cantina è un luogo di produzione di vini ma anche spazio di cultura, in grado di dare impulso a un territorio, quello della Marmilla, che da anni è spopolato e depresso economicamente. Enogastronomia ed eventi per provare a dare un impulso importante alla zona, creare occupazione e occasioni di crescita e di confronto.

“La cantina è un sogno che avevo fin da bambino – racconta Salvatore Pilloni, imprenditore e presidente di Su’Entu -. Mio padre aveva un piccolo appezzamento di terreno e ho sempre pensato che un giorno avrei potuto avere un vigneto mio. Sono nato in una famiglia di contadini”. L’occasione di dare concretezza al sogno è arrivata quando c’è stata la possibilità di comprare dei terreni nella zona. “Ne ho parlato in famiglia per capire se c’era la volontà di sviluppare questo progetto, e la famiglia era d’accordo – prosegue Pilloni, da poco nominato Cavaliere del Lavoro dal presidente della Repubblica, Sergio Matteralla -. Così ho cercato dei terreni confinanti, le cui proprietà erano frammentate. Per avere un compendio unico di 50 ettari ci sono voluti 40 atti notarili. Una volta finita questa operazione abbiamo iniziato a progettare la vigna”. 

La cantina Su’Entu è nata 13 anni fa con un primo lotto di 20 ettari, a cui poi se ne sono aggiunti altri 12. Ogni anno produce 300mila bottiglie per undici diverse etichette, ma l’idea è quella di aumentare la produzione. Oltre ai terreni nella collina di Sanluri ora la cantina si è ampliata con altri 30 ettari nella zona di Furtei. Lo spazio di produzione e di eventi è stato progettato dagli architetti Mario Casciu e Francesca Rango. “Siamo partiti dall’idea di una tipica casa campidanese, coi vigneti intorno e una corte interna”, racconta Roberta Pilloni, responsabile di produzione della cantina. “La struttura non nasce solo per fare vino, per quello basterebbe un tetto, un capannone. Abbiamo creato degli spazi per l’accoglienza, come la terrazza che usiamo tantissimo, specie in questo periodo di Covid. Cerchiamo di far vivere ai visitatori una esperienza. Già passare in mezzo al vigneto è un plus. Facciamo tessuto col territorio, la Marmilla, che è altamente spopolato. Così la cantina è un polo di accoglienza turistica e culturale. Non si può prescindere da questo aspetto: ok fare il vino e commercializzarlo, ma chi vuole andare avanti in questo settore non può prescindere da un approccio del genere”.

L’impronta iniziale è quella di una azienda a conduzione familiare, con la famiglia Pilloni interamente coinvolta nella gestione della cantina. Insieme a Salvatore, che di Su’Entu è presidente, ci sono i figli Roberta, Valeria e Nicola. “Poi quando inizi a crescere – ragiona Salvatore Pilloni – devi circondarti di persone valide che ti aiutino a raggiungere certi risultati. Otto anni fa abbiamo assunto il miglior sommelier italiano per fare il direttore commerciale, poi Domenico Sanna per gestire l’accoglienza. Gente di esperienza, gente formata. Alcune parti possono essere perfezionate: la ricettività, la ristorazione. Ora spetta ai miei figli portare avanti il percorso. Anche se non ho ancora intenzione di andare in pensione”. 

Nelle vigne sono impiantati Cannonau, Vermentino, Nasco, Moscato, e soprattutto il Bovale che è sicuramente il tratto distintivo della cantina Su’Entu. “Sono i vini per cui siamo più conosciuti – spiega Roberta -, come il S’unico, che fa affinamento in legno ed è la nostra etichetta più famosa e che ci ha dato molte soddisfazioni a livello di premi. Poi il Suditerra, che ha una maggiore freschezza ed è affinato in acciaio. C’è anche il nostro Bovale riserva, il Su’oltre”. Il legame con il territorio – e la necessità di rilanciarlo – è uno dei punti di forza della cantina. “La zona della Marmilla e del Campidano erano le più importanti in Sardegna in termini di vitigni – racconta Pilloni -. C’era la Cantina Marmilla a Sanluri, che era molto grande, ma alla fine degli anni Ottanta è stata smantellata perché non andava bene. Facevano vino da taglio, un prodotto molto povero. Ma oggi il mercato richiede delle qualità eccellenti e sono felice che oggi la Sardegna sia riconosciuta a livello internazionale come terra di vini buoni”. 

 In entrambi i vigneti – quello di Sanluri e quello di Furtei – sono presenti dei nuraghi. “Alcuni dicevano che sono una criticità, noi riteniamo che siano un punto di forza, da valorizzare – ragiona Pilloni -. Quello più grande è a Furtei ed è sotterrato. Per noi è una opportunità. Vogliamo investire dei soldi per valorizzarlo”. E l’impegno per il territorio non si esaurisce qui. “Questa è una zona cerealicola e ho pensato: perché non fare un progetto legato a questo? – dice Salvatore Pilloni -. Abbiamo sempre fatto ottimi legumi, ottimo grano e penso ci sia lo spazio per creare delle piccole aziende legate al settore. Ho un’idea e i miei figli hanno già detto di sì. Progettare è un istinto e ho sempre bisogno di nuovi stimoli. In qualche modo torno all’origine, quando ero piccolo e scalzo. Ora ci sono i presupposti per chiudere una filiera legata al settore. Se il tempo mi aiuterà lo farò, altrimenti saranno i miei figli a farlo. Creiamo occupazione così ci sarà un futuro per tutti. Non mi preoccupo per me o per i miei figli, ma per mio nipote, per i giovanissimi. Vorrei lasciare il timbro sulla Marmilla”. 

Andrea Tramonte

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