L’edilizia in Sardegna ha voltato pagina dopo la lunga crisi legata alla pandemia. I numeri sono incoraggianti, a leggere il dossier sul valore aggiunto prodotto nell’Isola dal settore, elaborato dall’ufficio studi di Confartigianato imprese Sardegna, sui dati dell’Istituto Tagliacarne-Unioncamere nel periodo 2019-2021. Il risultato migliore lo esprime il sud Sardegna. Dati positivi anche legati agli incentivi statali. Ma sul futuro c’è incertezza.
Secondo il report, tutte le province sarde hanno superato la ricchezza prodotta nel 2019, confermando una netta crescita delle costruzioni, recuperando più velocemente le performance pre-virus. Tra i territori sardi con i risultati migliori per l’edilizia c’è il sud Sardegna con il 22,15 per cento prodotto in più rispetto al 2019, occupando la 19esima posizione nazionale. Segue Sassari-Gallura con più 21,02 per cento (22esima), Nuoro con più 20,10 per cento (26esima), Citta metropolitana di Cagliari con 17,21 per cento (34esima) e Oristano con 15,27 per cento (42esima).
Positivi anche i dati sulla Sardegna riguardanti il Superbonus: mettendo a confronto il 2021 con il 2022, le percentuali degli investimenti ammessi a detrazione sono passate dall’8,6 per cento del 2021 al 69,1 per cento del 2022. In pratica l’anno scorso meno di 1 cantiere aperto su 10 riguardava l’incentivo, mentre oggi siamo a 7 cantieri su 10. “Viviamo un momento particolarmente favorevole e propizio – hanno commentato la presidente di Confartigianato Sardegna, Maria Amelia Lai, e il presidente degli edili artigiani, Giacomo Meloni -. Nonostante ciò, su che potrà avvenire al comparto nei prossimi mesi e anni ci sono tanti dubbi. A livello nazionale si stanno registrando le prime frenate”. Le preoccupazioni dei costruttori sono due: la mancanza di figure professionali adeguate e il caro prezzi. “Oltre alla mancanza di materiali e al loro costo ormai proibitivo – continua Lai -, registriamo anche la carenza di manodopera qualificata: dai pavimentisti agli intonacatori, sono diverse le figure professionali di cui necessita il settore. Proprio perché l’edilizia è rimasta bloccata per oltre dieci anni, non c’è stato un adeguato ricambio generazionale di risorse umane”.