La sala convegni della Grande miniera di Serbariu non era gremita, alla presentazione del progetto Aria. Eppure erano presenti ospiti illustri come il presidente della Regione sarda Francesco Pigliaru, i deputati Francesco Sanna e Emanuele Cani, l’amministratore unico della Carbosulcis, fresco di nomina, Antonio Martini, il sindaco di Gonnesa nonché capogruppo PD in consiglio regionale Pietro Cocco. E poi c’erano gli scienziati, Cristian Galbiati, coordinatore del progetto, e il presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Fernando Ferroni, i veri protagonisti della serata per un argomento di grande importanza scientifica ed economica. Francesco Pigliaru, nel suo intervento conclusivo, dopo quasi due ore di interventi e spiegazioni scientifiche, spiega perché la Regione sarda crede in questo progetto: “L’intervento di denari pubblici da parte della Regione è limitato a poco più di 2 milioni di euro in circa tre anni. Ben poca cosa, comunque, in confronto ai tanti denari pubblici sprecati in mega progetti che non hanno prodotto nulla in questi anni. Ma qui siamo di fronte a un piccolo progetto che potrebbe rivelarsi una cosa enormemente importante, per il territorio e per la Sardegna tutta. Un polo tecnologico di livello internazionale”.
Francesco Pigliaru tira in ballo società mondiali iniziate dal nulla: “Anche Google all’inizio era niente. O che dire della Microsoft, nata con 50 mila euro raccattati tra i parenti. Ma qui, a far da garanzia, ci sono persone illustri, scienziati, università italiane e internazionali e investitori.” E qui il presidente della Regione rende più chiara la propria posizione: “La Regione in pochi mesi ha deciso di dare il proprio contributo a questo progetto in cui ovviamente crede, attraverso i fondi della ricerca di base, ma altrettanto velocemente vorremo vedere, se c’è, il partner industriale interessato al progetto. Una volta instaurata una collaborazione finanziaria, si potranno attivare i finanziamenti comunitari”. A chi gli chiedeva quale potrebbe essere la ricaduta occupazionale, Pigliaru risponde: “Non possiamo saperlo oggi. Questa è una risposta che si avrà quando avremo le risposte al progetto pilota”. A margine del ragionamento Pigliaru ha voluto portare moderata rassicurazione anche sulle altre vertenze aperte, Alcoa e Eurallumina in testa, e sulla Mossi e Ghisolfi, i cui ritardi, tiene a precisare, non sono da imputare alla regione sarda ma all’altra regione insulare ( Sicilia, ma senza nominarla, ndr.) che cerca di fare i propri interessi.
Ma in terra sarda esiste già un gruppo di lavoro che opera sul progetto. Il coordinatore è il professore associato Michele Mascia della facoltà di Fisica e Ingegneria Meccanica-Chimica e dei Materiali. Fra i suoi collaboratori un giovane ingegnere chimico di S.Antioco, Simone Rizzardini, che il 5 agosto partirà per gli States, Colorado, per specializzarsi sul progetto nei canyon della Mesa Verde dove c’è il progetto pilota. L’amministratore della Carbosulcis, da soli due mesi, non ha alcun dubbio sulla bontà del progetto: “Il pozzo di Seruci che accoglierà la colonna di distillazione criogenica, sarà risanato con risorse interne della società. Il progetto ha una tale valenza scientifica ed economica che non potevamo certamente trascurare. La Carbosulcis sarà la casa di questo grande progetto internazionale”. Cristian Galbiati, il coordinatore del progetto, è entusiasta: “Non potevamo chiedere di meglio. Abbiamo trovato una combinazioni di situazioni perfette. Una miniera ancora efficiente con tante professionalità a disposizione. Uomini e donne, che arricchiranno il proprio bagaglio professionale, che ci aiuteranno a produrre quelle 30 tonnellate di argon che occorrono per portare avanti la ricerca sulla materia oscura. Ma entro il 2025 di tonnellate ne occorreranno altre 300. Ecco perché è fondamentale pensare a un utilizzo industriale del progetto. Ma non solo per l’argon. Nella medicina diagnostica nucleare c’è tanta richiesta di altri gas che qui andremo a produrre, come l’azoto, l’ossigeno18, e altri elementi. Basti pensare – aggiunge Galbiati – che un litro di acqua con ossigeno18 costa sul mercato la bellezza di 50mila euro. E se ne consuma tanto nella diagnostica nucleare. Qui ci sono le condizioni ideali economiche per abbattere i costi di produzione, dal momento che la galleria è già disponibile. I circa 12 milioni complessivi occorrenti saranno un ottimo investimento. E poi c’è l’impatto ambientale totalmente assente. Che non è una condizione da trascurare”.
Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare, ricorda che “la mission dell’istituto non è quella di fare business ma ricerca di base. Eppure molte aziende, oggi, grazie ai progetti dell’istituto, hanno commesse milionarie”. Francesco Sanna ricorda che il progetto ha avuto un inizio casuale. Il classico incontro tra domanda e offerta. “A loro serviva un pozzo con una profondità lineare di almeno 350 metri per produrre i gas. E noi abbiamo una miniera con pozzi con quelle caratteristiche a cui stiamo cercando una nuova ricollocazione. Nelle viscere di quelle colline c’è una vecchia città che noi vorremo far rivivere con un progetto ad alta valenza scientifica, unico al mondo. Intorno al progetto nascerà un polo di alta tecnologia che darà nuove opportunità grazie alla ricerca. È proprio ciò che volevamo per la nostra Sardegna”. Dal buio delle gallerie di carbone forse arriverà un po’ di luce su questo territorio distrutto e affamato.
Carlo Martinelli