Fallimenti, Cna Sardegna: la tendenza frena. Ma la crisi morde ancora

Fallimenti nell’Isola, la crescita esponenziale e continua delle aziende sarde che chiudono si ferma. Nei primi quattro mesi del 2015 sono state 98 le imprese sarde che hanno portato i libri in tribunale, contro le 102 dello stesso periodo del 2014. I dati – resi noti dal Centro studi dalla Cna Sardegnaevidenziano un segnale positivo rispetto al trend degli ultimi anni che aveva visto un aumento costante delle procedure concorsuali (il complesso delle imprese iscritte a procedure concorsuali: fallimenti, liquidazione coatta, concordato o amministrazione controllata). Tra 2009 e 2014 il numero di fallimenti in Regione era infatti cresciuto addirittura del 175%, triste record tra le regioni italiane. Tanto che la Sardegna risulta seconda solo al Molise per crescita del numero fallimenti tra 2009 e 2014.

«La complessa e prolungata fase di difficoltà attraversata dall’economia regionale ha fatto aumentare a dismisura il numero di procedure concorsuali:spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu rispettivamente presidente e segretario regionale della CNA Sardegnadalle 77 del 2008 e le 107 del 2009, si era passati alle 262 del 2013, fino alle 294 del terribile 2014. La speranza è che, stando ai dati positivi per i primi cinque mesi dell’anno, alla fine del 2015 questo numero possa finalmente iniziare a ridimensionarsi. Tutto dipenderà dalle capacità del sistema economico regionale di approfittare dei fattori propulsivi emersi in questa prima parte di 2015, tra cui: euro debole, crescita attesa dei flussi turistici stranieri (soprattutto dai paesi non euro, anche grazie all’effetto Expo), ripresa del commercio mondiale, calo dei costi energetici, riduzione dei tassi di interesse a lungo termine».

L’eterna crisi dell’edilizia. Rimane comunque sotto osservazione il settore edile. La metà del calo occupazionale registrato in Sardegna negli ultimi sei anni si è infatti concentrata nelle costruzioni e nel suo indotto. Dal 2006 il settore aveva iniziato a perdere investimenti, e non ha smesso di farlo fino all’anno passato.

Tra le imprese di costruzioni la percentuale di fallimenti rispetto allo stock nel periodo 2008-2015 è stata quasi il doppio rispetto al resto delle imprese regionali (1,5% contro lo 0,8%) che, in termini di frequenza di accadimento, si traduce, ogni mese, in 1,7 imprese di costruzioni ogni 10 mila imprese. Una frequenza molto inferiore negli altri settori economici.

Il rilancio. «Da questi dati – spiegano Piras e Porcu – emerge ancora una volta la necessità di fornire al nostro sistema produttivo gli input necessari per avviare la difficile ripresa. Questi debbono arrivare da un’azione determinata e forte sul fronte del lavoro e dell’occupazione. Rilanciare investimenti e credito sono le azioni prioritarie su cui concentrarsi per far ripartire l’economia, ricorrendo all’immediato utilizzo di tutte le risorse disponibili a partire da quelle relative ai fondi europei  2014-2020, sulla cui spendita rischiamo già da ora di accumulare colpevoli ritardi».

 

 

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