I numeri dell’ultimo report del centro studi della Cna Sardegna sull’export regionale danno un quadro dell’Isola a due volti: crescono i prezzi, ma calano le quantità di prodotti venduti fuori Sardegna. Il 2022 si è chiuso con un valore totale che ha sfiorato i 9 miliardi di euro: una crescita superiore al 61 per cento, ma che, senza considerare il petrolio (oltre l’85 per cento del totale) si riduce al più 2,4 per cento (circa 1,3 miliardi). Il comparto più rilevante, escludendo i petroliferi, è quello dei prodotti chimici (più 7,2 per cento); bene l’agroalimentare (più 13,7 per cento) soprattutto grazie al comparto vitivinicolo e a quello della pasta e dei prodotti da forno.
Chi sale, chi scende. La quantità di beni esportati è calata del meno 10,4 per cento (meno 32 per cento al netto dei prodotti petroliferi raffinati), a causa del crollo delle vendite di prodotti in metallo.Nel 2022 il complesso delle produzioni agroalimentari sarde ha visto crescere i prezzi del 16 per cento, mentre le quantità vendute sono calate del 2,1 per cento. In ripresa, invece, (più 10,1 per cento) il valore delle vendite di formaggi e derivati che rappresentano oltre il 60 per cento dell’export agroalimentare regionale (il prezzo del pecorino è cresciuto del più 27 per cento arrivando a quasi 14 euro al chilo a dicembre), ma calano le quantità esportate.
“Se si tiene conto delle dinamiche inflattive – commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna -, la performance della nostra economia si mostra negativa, sostenuta solo dalla positiva dinamica dei prezzi. In un contesto di domanda globale debole e voltatile c’è il forte rischio che le produzioni isolane possano perdere quote di mercato a vantaggio di prodotti concorrenti”..