Crisi internazionale & export, artigiani preoccupati: “Anche la Sardegna rischia contraccolpi”

“Non possiamo restare indifferenti di fronte alla drammatica escalation di violenza che coinvolge il Medio Oriente e altre aree del mondo. Il nostro primo pensiero va alle vittime innocenti e alle loro famiglie, colpite da una spirale di conflitti che sembra non voler trovare soluzione”.

Con queste parole Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, esprime la propria forte preoccupazione per il deterioramento del quadro geopolitico internazionale.

“Le tensioni non sono solo una tragedia umana e sociale – prosegue Meloni – ma rappresentano anche una grave minaccia per la tenuta economica globale e, con essa, per il nostro tessuto produttivo fatto di micro e piccole imprese. Anche la Sardegna, seppur geograficamente distante, rischia di subire duri contraccolpi”.

Il focus sull’export dei prodotti sardi verso il Medio Oriente, realizzato l’anno scorso dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su fonte Istat, parla di vendite di beni e servizi per oltre 1miliardo e mezzo di euro, equivalenti all’1,39% del valore aggiunto regionale prodotto, verso gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita, Israele, Qatar, Kuwait oltre ad altri 12 nazioni. Oltre ai prodotti della raffinazione, ci sono alimentari e bevande, moda e design, lapidei e arredamento, sistemi informatici e digitali, macchinari e impianti i prodotti più venduti molto richiesti per la loro qualità e originalità.

La Sardegna si colloca al settimo posto della classifica nazionale per quanto riguarda l’esposizione dell’export alla crisi. In testa ci sono la Toscana le cui esportazioni di made in Italy in Medio Oriente rappresentano il 2,95% del valore aggiunto regionale ed ammontano a 3,1 miliardi di euro, pari al 12,6% delle vendite italiane nell’area. Superano inoltre l’esposizione media nazionale, il Piemonte con il 2,09% (2,6 miliardi di vendite, pari al 10,4%), l’Emilia-Romagna con il 2,07% (3,1 miliardi di vendite, pari al 12,5% del totale vendite italiane nell’area), il Veneto con il 2,02% (3,0 miliardi di vendite, pari al 12,2%), la Lombardia con l’1,91% (prima regione esportatrice nell’area con 7,1 miliardi di vendite e una quota di 28,5%) ed il Friuli-Venezia Giulia con l’1,77% (645 milioni di euro di vendite, pari al 2,6%).

A livello nazionale, Preoccupano i possibili blocchi nello Stretto di Hormuz, snodo strategico da cui transita oltre un quarto del petrolio globale via mare e un quinto del GNL. Nel 2025 l’Italia ha importato attraverso questo canale merci energetiche per 9,6 miliardi di euro, pari al 14,2% del totale, con una forte esposizione a fornitori come Arabia Saudita (3,5 miliardi di euro tra petrolio greggio e raffinato), Iraq (2 miliardi), Emirati Arabi Uniti (0,7 miliardi), Kuwait (0,6 miliardi) e Qatar (2,5 miliardi di GNL).

L’aggravarsi della crisi in Medio Oriente con l’apertura del conflitto Israele-Iran, insieme agli scontri tra India e Pakistan e al protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina, ha già innescato un rialzo dei prezzi delle materie prime energetiche e una crescente incertezza negli scambi internazionali, ulteriormente esacerbata dalla prospettiva di una guerra commerciale globale. Per l’Italia, altamente dipendente dall’import energetico da queste aree, è a rischio la fragile ripresa dell’export registrata nel primo quadrimestre 2025 (+2,5%).

“Il caro energia – sottolinea il Presidente – si ripercuote in maniera diretta sui nostri laboratori, officine e microimprese. L’aumento del prezzo del petrolio e del gas potrebbe costare al nostro PIL fino a 0,2 punti percentuali nel 2026, rallentando investimenti e frenando la crescita, anche nell’isola”.

Dai dati emerge chiaramente come le esportazioni verso i 25 mercati interessati dai conflitti – che rappresentano il 9,8% dell’export totale italiano e il 19,9% di quello extra UE – abbiano già subito un rallentamento. Nel primo trimestre del 2025 si registra infatti un calo dello 0,6%, con flessioni significative in Libia, Turchia ed Egitto, partner storici anche per l’artigianato isolano.

In questi paesi, settori tipici della micro e piccola impresa come moda, alimentare, gioielleria, mobili e metalli – che rappresentano circa 20,3 miliardi di euro di export nazionale – stanno già subendo gli effetti dell’instabilità.

“La Sardegna non è esclusa da questo scenario – rimarca Meloni – molte delle nostre imprese esportatrici operano proprio nei comparti più esposti: il rischio è che sforzi e investimenti fatti negli ultimi anni vadano vanificati da una crisi su cui gli imprenditori non hanno alcun controllo”.

Il presidente lancia un appello alle istituzioni nazionali ed europee affinché si tengano in debita considerazione le conseguenze economiche di queste crisi sui territori e sulle piccole imprese: “Chiediamo strumenti rapidi ed efficaci di sostegno, in grado di contenere gli effetti degli shock internazionali. Serve una politica estera orientata alla stabilità e alla pace, ma anche una strategia economica che metta al centro le PMI, che restano il motore dell’economia regionale e nazionale”. “Le imprese sarde – conclude Meloni – sono abituate a resistere e reinventarsi, ma senza stabilità e senza un quadro economico sostenibile sarà sempre più difficile restare competitivi, mantenere i posti di lavoro e garantire continuità operativa”.

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