Portovesme srl ancora al centro dell’attenzione per la crisi industriale che coinvolge la multinazionale Glencore e il futuro della linea di produzione del zinco. A lanciare di nuovo l’allarme è l’assessore regionale all’Industria, Emanuele Cani, che ha annunciato la richiesta imminente di un incontro con il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, insieme alla presidente della Regione, Alessandra Todde. “Siamo abbastanza preoccupati – ha detto Cani nel corso di un’audizione alla Commissione parlamentare per il contrasto agli svantaggi derivanti dall’insularità – e riteniamo che quella produzione sia ancora strategica per il Paese. Per questo ci siamo opposti con forza alla decisione della Glencore di chiudere la linea zinco”.
La situazione si è ulteriormente aggravata, secondo i deputati Silvio Lai (Pd) e Francesca Ghirra (Avs), a causa del ritardo del Governo nel tenere fede agli impegni assunti nei mesi scorsi. Il riferimento è all’assemblea dello scorso gennaio a Portoscuso, durante la quale il ministro Urso aveva annunciato l’esistenza di un potenziale acquirente per rilevare lo stabilimento. Ma da allora – dicono i parlamentari – non c’è stato alcun passo concreto: nessun accesso alla data room messa a disposizione da Glencore e nessun nome ufficiale per un’eventuale acquisizione. “Dopo quasi cinque mesi – spiegano Lai e Ghirra in una nota – il risultato è il nulla. Nessun imprenditore ha mostrato interesse concreto, e il Governo è fermo, mentre il territorio rischia di pagare un prezzo altissimo”.
Durante le audizioni in Commissione Industria, alle quali hanno partecipato anche i rappresentanti sindacali e l’amministratore delegato di Glencore, è emerso un quadro definito “preoccupante”: secondo quanto riferito dallo stesso Ad, il progetto di riconversione degli impianti attraverso la cosiddetta “black mass” – processo legato al riciclo delle batterie – non sarà operativo prima del 2028. E le ricadute occupazionali stimate sono limitate: appena 200-300 posti di lavoro tra diretti e indiretti, a fronte di una perdita attesa tra i 700 e gli 800 addetti, conseguente alla chiusura della linea zinco.
Cani e i parlamentari evidenziano anche il ritardo del Governo sul Dpcm relativo alla metanizzazione del Sulcis, considerato essenziale per rilanciare l’intero sistema industriale del territorio e garantire agli abitanti parità di trattamento nei costi energetici rispetto al resto d’Italia. “Il Governo – attaccano Lai e Ghirra – ha bluffato. Aveva parlato di una produzione strategica, di un acquirente pronto e di un rilancio industriale. Ma a oggi ci troviamo con uno stabilimento fermo, un territorio in crisi e nessuna certezza”. Intanto la Regione, attraverso le parole dell’assessore Cani, conferma l’intenzione di “ricostruire un percorso di confronto serio con lo Stato” e di mettere pressione sul Governo perché vengano chiarite le reali intenzioni e i tempi per eventuali alternative industriali.