La Sardegna può verificare e controllare i flussi di entrate spettanti in base allo Statuto e richiedere in futuro allo Stato di poter operare l’accertamento e la riscossione con il trasferimento delle competenze, ma non può riversare le risorse direttamente nelle proprie casse, o tramite l’Agenzia sarda delle entrate, prima che arrivino alla Tesoreria unica nazionale. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale ‘salvando’ sette punti su nove della legge regionale che istituisce l’Agenzia sarda delle entrate (Ase), impugnata in alcune sue parti dal Governo. La Consulta, con una sentenza pubblicata oggi, ha cassato il flusso diretto verso l’Ase delle entrate spettanti alla Sardegna in base allo statuto autonomistico. Conseguentemente è stato dichiarato incostituzionale anche il passaggio successivo con il quale l’Agenzia avrebbe dovuto riversare nelle casse regionali le entrate di competenza dell’Isola.
Secondo i giudici, la norma “introduce un passaggio intermedio che contrasta con la previsione del riversamento diretto di tali risorse dallo Stato alle casse regionali disposto dalla norma di attuazione statutaria. In tal modo, quest’ultima, lungi dall’essere rispettata, come testualmente proclamato dalla disposizione censurata, risulta invece disattesa”. Via libera, invece, agli articoli della legge istitutiva dell’Agenzia che prevedono le diverse forme di verifica interna all’amministrazione regionale sull’esatta quantificazione dell’ammontare delle compartecipazioni ai tributi erariali spettanti alla Regione e sulla correttezza dei dati e dei calcoli effettuati dallo Stato. Salva anche l’istituzione del Comitato di indirizzo regionale sulle entrate (Cire) all’interno dell’Ase.
“La sentenza è molto favorevole per la Regione – ha commentato il presidente Francesco Pigliaru – perché riconosce la legittimità dell’Agenzia sarda delle Entrate in tutti i suoi principali aspetti. Eravamo certi delle nostre ragioni, tanto che abbiamo chiesto con forza al Governo di ritirare il ricorso. Siamo invece arrivati alla sentenza e adesso, con grande soddisfazione, vediamo che avevamo ragione, che delle nove eccezioni sollevate ne viene accolta soltanto una e peraltro marginale, il che permette all’Ase di essere pienamente operativa. Particolarmente importante il fatto che non sia stato accolto il ricorso sull’articolo 3: questo significa che possiamo proseguire con la trattativa verso l’intesa con lo Stato per il riversamento dei tributi. È infine significativo che la Corte richiami lo Stato all’obbligo di un confronto chiaro e trasparente con la Regione per garantire la salvaguardia delle risorse e il rispetto delle prerogative dell’autonomia speciale”.
“L’unica norma che la Corte ha considerato illegittima è un aspetto assolutamente secondario della legge”, ha detto l’assessore regionale del Bilancio Raffaele Paci. “I giudici cioè dicono che i tributi non possono essere versati in prima battuta nei conti dell’Ase ma in quelli della Tesoreria unica intestati alla Regione: una questione davvero marginale per noi, visto che fra l’altro era già previsto che l’Ase entrasse nel sistema della Tesoreria unica, dunque non c’è alcun problema a fare le correzioni formali che ci vengono richieste. Quello che invece conta è il riconoscimento pieno delle funzioni dell’Agenzia, quelle sì particolarmente importanti per garantire l’autonomia finanziaria sul controllo e la trasparenza dei nostri conti. Un concetto su cui la Corte insiste particolarmente, sottolineando che la Vertenza Entrate è stata generata proprio dalla mancanza di confronto e controllo sulle entrate a cui la Regione ha diritto, e ribadendo che se lo Stato negasse quel confronto sarebbe ‘un’ingiustificata compressione dell’autonomia stessa della Regione’. Un quadro molto chiaro, insomma – conclude Paci – che ci soddisfa pienamente e ci dà ragione del lavoro fatto: ora andiamo avanti con la selezione per il direttore generale in modo che da gennaio l’Ase possa essere pienamente operativa”.
Nonostante la bocciatura sul riversamento diretto delle entrate nelle casse regionali, il Partito dei Sardi esulta per la sentenza della Corte Costituzionale. In particolare per il mantenimento dell’articolo 3 della legge istitutiva dell’Agenzia sarda delle entrate (Ase) con la previsione che l’Isola potrà richiedere allo Stato, con il trasferimento delle competenze, l’accertamento e la riscossione delle entrate proprie e compartecipate. “Ora più che mai la Sardegna deve prendere coraggio, far funzionare l’Ase – sprona il segretario Franciscu Sedda – completare l’inversione dei flussi, accelerare nel trasferimento delle funzioni di accertamento e riscossione, guardare con ambizione e creatività ad una propria politica fiscale”. Secondo Sedda, la Consulta “ha di fatto detto che la Sardegna e il Partito dei Sardi avevano ragione e il Governo italiano torto. La Sardegna e il suo Governo avevano ragione a portare avanti la legge sull’Agenzia sarda delle Entrate e a costruire uno strumento per tutelare gli interessi e i soldi dei sardi. Il Partito dei Sardi – incalza il segretario – aveva ragione nel denunciare duramente l’atteggiamento persecutorio dell’Italia nei confronti della Sardegna e la slealtà dei Governi italiani nei confronti delle nostre istituzioni e dei nostri diritti legittimi come popolo”. “Ora è tempo di fare tesoro di questa esperienza e far sì che la politica sarda abbia costantemente la capacità di osare. È tempo che la politica sarda smetta di credere nell’idea dei ‘governi amici’ a Roma”. (Ansa)