Commercio sardo in difficoltà, chiusi 4.500 negozi. Cisl alla Giunta: “Serve una strategia per riqualificare i centri storici”

Oltre 4.500 negozi chiusi e 1.200 ambulanti che hanno cessato l’attività in pochi anni in Sardegna: sono i dati (diffusi da Confcommercio) che descrivono la crisi profonda del commercio, aggravata dagli anni della pandemia. Da questo quadro è partito il segretario generale della Cisl sarda, Pier Luigi Ledda, intervenendo oggi, ad Alghero, al congresso regionale della Fisascat (la Federazione Italiana Sindacati Addetti Servizi Commerciali, Affini e del Turismo). “Il commercio, il terziario e i servizi – ha detto il segretario – sono settori vitali per l’economia sarda, ma negli ultimi anni hanno attraversato una crisi profonda che richiede urgenti interventi strutturali e una visione strategica per invertire questa tendenza. Il rilancio di questi settori – ha proseguito il leader della Cisl – richiede, da parte della politica, un forte sostegno alle imprese locali. Bisogna creare strumenti finanziari che garantiscano l’accesso al credito, agevolazioni fiscali e incentivi per l’innovazione”.

Per la Cisl l’adozione di tecnologie digitali, come piattaforme per il commercio elettronico e sistemi di gestione avanzata, deve essere incoraggiata per migliorare la competitività delle imprese. Analogo sforzo va fatto per il turismo; siamo fermi al dodicesimo posto a livello nazionale, il settore è da coniugare con ambiente e agroalimentare. Presenta  numeri da  migliorare in tutto l’anno e non solo nei due mesi di picco estivo. Un altro aspetto cruciale riguarda la rivitalizzazione dei centri storici, che rischiano lo spopolamento commerciale.

Secondo Ledda, “è necessario un piano di rigenerazione urbana che incentivi l’apertura di nuove attività, integrando commercio, cultura e servizi in poli attrattivi per residenti e turisti. Un altro nodo da affrontare riguarda i settori legati alle gare d’appalto, spesso caratterizzati da precarietà e instabilità. È fondamentale – ha detto ancora – riformare le procedure, introducendo clausole sociali che tutelino i lavoratori e garantiscano continuità lavorativa, favorendo al contempo la qualità dei servizi offerti. Serve un tavolo permanente, che coinvolga istituzioni, associazioni di categoria e sindacati per definire politiche condivise e monitorare l’evoluzione del settore. Queste azioni – ha concluso Ledda – non rappresentano solo una risposta alla crisi, ma un’opportunità per costruire un nuovo modello economico in grado di coniugare tradizione e innovazione, sostenibilità e inclusività”.

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