Un profondo cambio di rotta nella gestione del ciclo dei rifiuti e nella produzione di energia elettrica. È la richiesta che il Coordinamento sardo “Non bruciamoci il futuro” presenterà venerdì 24 a Cagliari, quando verrà illustrata una lettera aperta rivolta ai candidati alla presidenza della Regione Sardegna.
Si tratta di un documento sottoscritto da decine di comitati popolari, da quegli attori, cioè, che tanto ad Arborea come a Sassari hanno portato all’attenzione dell’opinione pubblica i temi della speculazione energetica, delle bonifiche e del consumo di territorio. E che ora chiedono impegni precisi e fatti.
“La classe politica deve invertire la rotta anche perché – argomenta Vincenzo Migaleddu, presidente della sezione sarda dell‘Isde – Medici per l’ambiente e membro del Coordinamento – l’incenerimento dei rifiuti e la combustione delle fonti fossili per la produzione di energia, che si avvalgono delle tariffe incentivanti ‘Cip 6’ scaricate in bolletta, presentano insostenibili costi economici e sanitari”.
“Si pensi alla Sarlux – continua il medico sassarese – che produce energia con gli scarti della raffinazione del petrolio e all’impatto di quest’attività sui giovani abitanti di Sarroch: recenti studi hanno appurato il nesso di causalità tra le emissioni inquinanti della centrale e le modificazioni del Dna dei bambini del vicino paese”.
Ma andiamo con ordine. “I due Piani varati dalla Giunta – nota Franca Battelli, membro del Coordinamento – sono ormai scaduti, ma continuano a rappresentare un indirizzo che può essere ‘interpretato’ alla bisogna. Visto che non sono mai stati trasformati in legge dal Consiglio”. Per il Coordinamento si tratta in ogni caso di piani inadeguati: “Il superamento degli inceneritori e l’avvicinamento alla soglia dei rifiuti zero sono obiettivi raggiungibili, ma – prosegue la Battelli – secondo le previsioni del vecchio piano, la percentuale dei rifiuti destinati agli inceneritori passa dal 20 al 35%. Si tratta di un dato in controtendenza rispetto a quanto avviene in continente, dove la quota di rifiuti destinata ad incenerimento è del 10 – 12%”. “E nuovi inceneritori vengono proposti, come accade a Macomer, a dispetto delle patologie tumorali e delle malattie dell’apparato circolatorio che essi comportano, come messo in luce dalla comunità scientifica internazionale”, rilancia Migaleddu.
Come se ne esce? “Con il potenziamento della raccolta differenziata, che nell’isola si è attestata negli ultimi anni sul 48, 5 del totale dei rifiuti prodotti contro la soglia del 65% prevista dal Piano, e la dotazione di infrastrutture per il riciclo completo dei materiali raccolti” continua ancora Battelli.
Dall’organico al vetro, passando per la plastica e la carta. Senza dimenticare il secco. L’esempio classico in questo caso è il granulato sintetico, materiale impiegato in edilizia, ottenuto attraverso l’estrusione del secco che oggi finisce negli inceneritori. Insomma, chiudere inceneritori e discariche e dare spazio al riutilizzo, che può dare una boccata di ossigeno all’economia.
Il discorso non è poi così diverso in campo energetico, dove si favorisce la combustione di fonti fossili – si pensi al ritorno in auge del carbone – e biomasse all’idroelettrico e alle rinnovabili davvero sostenibili. In ogni caso, “Anche quando si parla di tecnologie a ridotto impatto ambientale e sanitario, come il termosolare, vige il modello della grande centrale o delle trivellazioni, mentre si penalizza l’autonomia energetica delle famiglie. Così facendo, inoltre, si sacrificano i terreni destinati alle produzioni di cibo”, chiarisce Migaleddu. Insomma, anche in questo caso, un Piano che lascia a desiderare. Anche perché “prevede il raddoppio delle emissioni di CO2 rispetto al 1990, in aperta violazione degli accordi internazionali di Kyoto” , si legge nel manifesto del Coordinamento.
“Il problema è che la speculazione sui nostri territori è favorita dalla legge e dalla politica, che invece di bonificare le aree inquinate oggi appoggia i nuovi progetti dell’Eni, che vuole costruire una centrale a biomasse da 43,5 Mwe dentro la quale potrebbe nascondersi un inceneritore.
Stesso ragionamento per la centrale che la PowerCrop sta costruendo a Macchiareddu”, spiega Paola Pilisio del comitato No Chimica Verde, per la quale “occorre bonificare i veleni del passato e ridare vita alle aree industriali dismesse o in via di dismissione. Come quella di Porto Torres, dove dicloroetano e cloruro di vinile monomero superano rispettivamente 28.000.000 e 542.000 di volte il limite consentito”.
Piero Loi