Chiuse 1.700 imprese nell’Isola dal 2023 a oggi. Il Pil in leggero aumento ma meno del resto del Meridione

Il 2024 potrebbe rappresentare il sedicesimo anno consecutivo di calo per il sistema artigiano della Sardegna e comunque un anno molto difficile per l’economia isolana in genere. Alla fine del primo semestre dell’anno in corso le imprese artigiane sarde sono diminuite dello 0,3%. Dall’inizio della crisi finanziaria globale del 2008, la Sardegna ha perso oltre il 21% delle sue imprese artigiane, passando da 43.000 a circa 34.000 aziende. Ma più in generale nell’isola si registra una moria di imprese: ben 1.700 in meno rispetto al 2023. Prosegue la tendenza negativa del settore manufatturiero nel settore del commercio al dettaglio e nel settore dei trasporti; praticamente stabili le imprese di costruzioni, nonostante sia praticamente scemato l’effetto del Superbonus.

È quanto si evince dalla ricerca dal titolo L’Economia della Sardegna e il ruolo delle imprese artigiane realizzata dal Centro studi della Cna Sardegna e presentato a Cagliari. In base al dossier dell’associazione artigiana nel 2023 l’economia sarda aveva registrato un incremento del PIL dello 0,9%, in lieve ripresa rispetto agli anni precedenti. Tale crescita era stata trainata dagli investimenti nel settore delle costruzioni, alimentati – come noto – da incentivi come il Superbonus 110%, che hanno stimolato l’intero settore dell’edilizia. Tuttavia, le prospettive per il 2024 risultano meno ottimistiche, con una previsione di crescita del Pil pari allo 0,5%, principalmente a causa della riduzione dei benefici del Superbonus e dell’interruzione del meccanismo di cessione del credito d’imposta. Questi fattori, insieme ai costi elevati dei finanziamenti, hanno determinato un calo della domanda interna e un rallentamento degli investimenti privati, riducendo il contributo del settore edile al Pil regionale.

La ricerca evidenzia una spesa privata ancora limitata, penalizzata dall’elevato costo del credito e dall’indebolimento del potere d’acquisto delle famiglie. Al contempo, si prevede che una spinta alla crescita possa derivare dalla spesa pubblica per le infrastrutture e dall’andamento positivo del settore turistico. Inoltre, la potenziale crescita “reale” delle esportazioni e una ancora migliore fase per il turismo sardo potrebbero compensare parzialmente il rallentamento degli altri settori. Insomma, secondo il dossier della Cna Sardegna la nostra regione potrebbe chiudere l’anno in corso con un livello del PIL superiore del 2,4% a quello pre-pandemico, dato comunque molto distante dal +3,7% medio nazionale e dal +3,6% stimato per le altre regioni del Mezzogiorno.

“Il rapporto conferma che la nostra economia regionale fatica a tenere il passo in termini di crescita della produttività, innovazione e sostenibilità; All’appuntamento con le grandi trasformazioni della transizione ecologica e digitale la Sardegna – hanno evidenziato Luigi Tomasi e Francesco Porcu – rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna – si presenta in una condizione di endemica debolezza. Nell’ultimo ventennio nonostante tre cicli di programmazione comunitaria nessuno dei ritardi storici e strutturali è stato scalfito. Cna – continuano Tomasi e Porcu – pensa che la legislatura che si avvia debba avere un “profilo costituente” e l’ambizione di imprimere una svolta nelle politiche di programmazione economica segnando una discontinuità profonda con quanto fin qui prodotto. Serve costruire un’idea di futuro capace di rimettere in moto dinamiche nuove, in grado di scuotere l’assetto conservativo su cui è adagiata la società sarda. I prossimi cinque anni – proseguono i vertici Cna – saranno decisivi per indirizzare sui giusti binari il sistema Sardegna, per imprimere un nuovo processo riformatore”.

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