La vertenza Alcoa si sposta nuovamente a Roma. Lo hanno deciso oggi pomeriggio i lavoratori, durante un’affollata assemblea generale organizzata nella sede di Portovesme. “Andiamo sotto i palazzi del potere a riprenderci la nostra dignità”, ha urlato dal palco Rino Barca, segretario Fsm-Cisl. Il programma è quello di portare, la prossima settimana, circa 50 lavoratori a Roma con un biglietto di “sola andata”. Tradotto: non si rientra senza un impegno formale sulla soluzione della vicenda Alcoa. I sindacati avevano già preso accordi, nelle settimane scorse, anche con i sindaci del territorio che hanno confermato il loro sostegno, anche economico, alla vertenza nonché la loro presenza alla manifestazione romana.
I lavoratori diretti Alcoa si quoteranno ancora una volta per sostenere le spese della trasferta e lo faranno anche per i loro “cugini” delle imprese che dovrebbero godere degli ammortizzatori sociali e che invecenon sono corrisposti da svariati mesi. “ Siamo fermi al 19 dicembre – ha ricordato Angelo Dicciotti, della Css Cub – giorno in cui al ministero dello Sviluppo economico è stato redatto l’accordo secondo il quale la società Klesch, interessata all’acquisizione dello smelter di Portovesme, avrebbe dovuto presentare entro febbraio il suo piano industriale da sottoporre all’advisor nominato dal Governo. A tutt’oggi nulla è stato fatto. Il viceministro Claudio De Vincenti ha lasciato che gli eventi prendessero una deriva che non lascia presagire nulla di buono. Il Governo sta lasciando morire una realtà industriale – aggiunge il sindacalista – che alle condizioni attuali è in grado di generare utili e non si capisce quali siano gli interessi che si celano dietro questa strategia”.
“Il presidio nato il 5 maggio fuori dalla fabbrica – ha aggiunto Barca – che sta comportando gravi sacrifici per i lavoratori e le loro famiglie, continuerà con un altro presidio nella Capitale fino a che non arriveranno risposte per una fabbrica e un territorio che ha estremo bisogno di lavoro”. È stato tirato in ballo anche il Piano Sulcis, di cui non si sa più niente, definito “ un totale fallimento”.
Carlo Martinelli